“Aiuto, ho caldo”, la cosmonauta che chiese aiuto non è mai esistita
I fratelli Judica Cordiglia, radioamatori che collaborarono con la radio svizzera, divennero famosi captando le presunte comunicazioni dei cosmonauti sovietici. Il termine "cosmonauta" differisce da quello di astronauta per due motivi: è il termine con cui vengono indicati gli astronauti russi, c'è anche la tendenza (poco diffusa), a definire tali tutti quelli che volano a quote molto basse rispetto alle orbite raggiunte dagli astronauti veri e propri. Lo scorso 12 aprile si è commemorata la giornata mondiale del volo umano nello spazio. Sono passati 56 anni dall'impresa del primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin. Ma fu veramente il primo? Secondo le informazioni raccolte dai radioamatori piemontesi Judica Cordiglia le cose potrebbero essere andate diversamente, diversi cosmonauti prima di Gagarin morirono nel tentativo di compiere il primo volo nello spazio, altri potrebbero avere fatto la stessa fine successivamente. Oggi grazie all'apertura degli archivi del Kgb e all'attività di debunking di diversi autori – tra cui Luca Boschini – possiamo fare chiarezza su questa vicenda.
Cosa ci dicono gli archivi del Kgb? Conosciamo per filo e per segno i vari crimini e abusi commessi durante il segime sovietico. Certe informazioni, anche riguardo Gagarin vennero sul serio tenute nascoste. Per esempio non si poteva sapere che il primo uomo nello spazio si paracadutò dalla capsula prima che questa toccasse terra. All'epoca questo record non avrebbe potuto essere ritenuto valido. Gagarin raggiunse per errore un'orbita troppo alta, avendo la capsula un solo motore di rientro in caso non si fosse acceso sarebbe effettivamente morto orbitando nello spazio. Durante l'atterraggio col paracadute Gagarin aprì per sbaglio anche quello di riserva, col rischio che entrambi si attorcigliassero facendolo precipitare a terra. Diversi incidenti vennero effettivamente tenuti nascosti, solo dopo il 1989 abbiamo saputo di disastri gravi nel tentativo di lanciare dei razzi, con diverse vittime. Un cosmonauta che faceva parte della prima selezione (quella da cui fu scelto Gagarin), morì durante l'addestramento, chiuso in una capsula isolata dove veniva simulata una condizione di bassa pressione; come nel caso degli astronauti dell'Apollo 1 la capsula si incendiò. Nulla risulta invece sui cosmonauti perduti. Abbiamo avuto modo di parlarne assieme al co-fondatore del Cicap Abruzzo-Molise, Luigi De Conti.
Era plausibile negare il fallimento di missioni precedenti?
L'ipotesi anche teoricamente è molto improbabile, perché prima di inviare degli esseri umani utilizzarono dei cani. Qui troviamo una prima incongruenza riguardo le registrazioni dei Giudica-Cordiglia i quali avrebbero intercettato i battiti cardiaci di una di queste cavie, tuttavia questi segnali non corrispondono affatto a quelli che ci si aspetterebbe realmente. Oltretutto conosciamo i membri della prima selezione, molti dei quali sono stati considerati "perduti", invece conosciamo la loro sorte dopo la prima missione di Gagarin. I cosiddetti "Sei di Sochi".
I Sei di Sochi. In una foto dei membri della prima selezione risulterebbe un cosmonauta di cui si sarebbe persa ogni traccia, Grigory Grigoryevich Nelyuboff. In realtà oggi sappiamo bene la natura della sua "scomparsa", anche dalle foto ufficiali: venne infatti arrestato a seguito di una rissa in un locale – infrangendo l'ordine di non uscire dalla base – e oltretutto fece resistenza rifiutandosi di scusarsi per l'accaduto, cosa che sarebbe stata sufficiente a reintegrarlo. Così venne radiato e cancellato dalle foto ufficiali.
Otto cosmonauti di cui non si sa più niente. Tra questi uno era morto vittima dell'incendio nella capsula di cui abbiamo già accennato. Tre vennero cacciati assieme a Grigory Grigoryevich Nelyuboff. Uno rimase irrimediabilmente ferito. Ad ognuno si può risalire senza problemi. Tutto questo è documentato nei file dell'ex Unione sovietica ed è esposto molto bene nel libro di Boschini, con prefazione di Paolo Attivissimo. Si tratta di un'ottima analisi sulla questione del cosiddetto "mistero" dei cosmonauti perduti.
Intercettazioni impossibili
Quando venne lanciato lo Sputnik i fratelli Judica Cordiglia riuscirono sul serio a trasmettere il segnale del primo satellite artificiale della Storia. Questo li rese molto noti e autorevoli. Dal tetto della propria abitazione si trasferirono nella loro base ufficiale, la Torre Bert. Da allora ogni volta che la radio svizzera gli segnalava una missione sovietica loro riuscivano a intercettarla. Il problema è che tutti i colleghi radioamatori non confermarono mai le loro intercettazioni. Sulla capacità delle loro apparecchiature rimangono grandi dubbi. I colleghi non erano molto entusiasti della loro attività, ma la spiegazione non è la mera invidia. Anche le tempistiche non reggono. Quando i fratelli avrebbero intercettato Gagarin durante il rientro non avrebbero potuto farlo, perché nel momento in cui queste comunicazioni vennero captate il cosmonauta si stava pericolosamente avvitando in orbita con la sua capsula e conosciamo le reali comunicazioni, dove non era particolarmente sereno e pacato, visto quel che stava succedendo. Altre intercettazioni del suo rientro a terra non avrebbero potuto mai avvenire, in quanto la capsula di Gagarin stava subendo l'attrito con l'atmosfera. Durante la missione Luna 4 captano addirittura le immagini trasmesse dalla sonda sovietica, cosa che non avrebbero potuto fare: quelle foto non esistono. Tutte le fotocamere della missione si trovavano nel lander, che per via di un errore di manovra si perse nello spazio, la sonda invece non aveva fotocamere. Le intercettazioni dei Judica Cordiglia avvenivano sempre dopo una "soffiata" trasmessagli dalle agenzie d'informazione, in special modo dell'Ansa; è plausibile dunque che i fratelli fossero edotti della presenza di fotocamere, ma non potevano sapere che quelle immagini non sarebbero state mai trasmesse.
Inquietanti Sos dallo spazio. Esistono delle intercettazioni vocali agghiaccianti. Sembrano effettivamente prove schiaccianti del fatto che i russi qualche cosmonauta devono esserselo perso sul serio. Una di loro sembra proprio chiedere aiuto, mentre muore durante il rientro a terra. Andiamo con ordine: le intercettazioni sono in tutto tre. Uno sembra un Sos, ma quelli che dovrebbero essere "punti e linee" non differiscono da quelli realizzabili ponendo un dito su un microfono. Piuttosto strano come metodo di comunicazione. Dal secondo messaggio, stando alle traduzioni, dovremmo prendere per buono che questi cosmonauti stessero prendendo comunicazione con delle prostitute. Ci fu una conferma da un osservatorio tedesco, che per la verità fu il primo a effettuare l'intercezzazione, nessun altro si sente di certificare questi dati. Il terzo, quello della cosmonauta morente, è piuttosto strano. I Judica Cordiglia si affidarono alla traduzione di una madrelingua. Boschini per realizzare il suo studio chiese conferme ad altri madrelingua. Prima di esporre cosa ne trasse facciamo presente due incongruenze piuttosto gravi: si sentivano anche altre voci, questo presuppone che si trattasse di una capsula con più persone (impossibile perché erano mono-posto), o che avessero lanciato almeno tre missioni, cosa che ci risulta estremamente improbabile; mentre la sua capsula della cosmonauta starebbe rientrando a terra, subendo l'attrito dell'atmosfera, ella ripete "fa caldo, fa caldo", ma proprio le condizioni del rientro – come già accennato – rendono impossibile la trasmissione di comunicazioni. Cosa avrebbero captato allora? Dai riscontri di Boschini con altri madrelingua, si scopre che quelle parole non possono essere di una donna russa, si riscontrano anche gravi errori grammaticali. Questo pone dubbi sulla genuinità dell'intercettazione. Buona parte della conversazione è totalmente insensata, tenendo conto delle condizioni presunte in cui versava e la terminologia normalmente utilizzata. Potete trovare maggiori approfondimenti nel convegno tenuto dallo stesso Boschini per conto del Cicap.