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A un passo dall’immortalità: come la scienza potrebbe scoprire l'elisir di lunga vita

L’elisir di lunga vita, sogno degli alchimisti medievali, diventerà un giorno realtà se le ricerche confermeranno le ultime scoperte negli ambiti dell’invecchiamento cellulare, con l’ausilio di staminali, telomerasi ma anche antiossidanti naturali.
A cura di Roberto Paura
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Graciela Concepcion Cana

Negli ultimi giorni, due notizie hanno calamitato l’attenzione della comunità scientifica che si occupa di genetica e più in generale di studi sulla longevità. La prima riguarda una scoperta realizzata da un’équipe francese che per la prima volta è riuscita a realizzare in vitro un ringiovanimento di cellule prelevate da persone anziane, alcune anche centenarie, dimostrando la possibilità di invertire il processo di invecchiamento cellulare, un concetto affermatosi negli ultimi anni a livello teorico ma che ora ha avuto una conferma sperimentale. La seconda riguarda invece il caso di un istituto di ricerca in Croazia che ha presentato un ritrovato, definito dalla stampa “l’elisir della giovinezza”, capace di rallentare l’invecchiamento attraverso l’impiego di antiossidanti; sul caso si è aperta un’aspra controversia, dal momento che diversi scienziati hanno messo in dubbio le proprietà dell’Energizer HPE 40, questo il nome, ottenendo in cambio una citazione in tribunale per diffamazione. Insomma, sul tema della longevità è da tempo in corso una rivoluzione silenziosa che nel giro di pochi decenni potrebbe condurre a scoperte clamorose. Ma con il rischio di dare anche credito a molti millantatori.

Il segreto dell'immortalità è nelle cellule

Dove risiede il segreto dell’immortalità? Negli ultimi decenni, gli scienziati si sono convinti che la soluzione vada cercata all’interno delle cellule. Lì, nel nucleo, dove è custodito il patrimonio genetico di ogni essere umano, avvolto in filamenti del DNA a forma di doppia elica, potrebbe esserci il Santo Graal degli alchimisti medievali. Il settore più promettente fino a oggi è quello che lavora sulla telomerasi. I telomeri sono parti del DNA posti alle estremità di un cromosoma, e hanno la funzione di tenere insieme la doppia elica per evitare che si sfaldi. Tuttavia, i telomeri sono soggetti a una rapida degradazione: ogni volta che il cromosoma si duplica, seguendo il processo di duplicazione di una cellula, i telomeri si accorciano, fino a “usurarsi” del tutto: in quel caso, la cellula non può più riprodursi e va incontro all’inesorabile destino della morte.

blackburn

Negli anni ’80 tre scienziati americani, Elizabeth Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak, scoprirono però un enzima, a cui diedero il nome di telomerasi, capace di “allungare” i telomeri e quindi in pratica di rigenerarli al termine di ogni duplicazione dei cromosomi. Così facendo, le cellule non sarebbero andate incontro all’invecchiamento e alla morte, ma avrebbero in teoria potuto riprodursi in eterno. La scoperta era potenzialmente rivoluzionaria, ma si scoprì ben presto un dettaglio agghiacciante: le cellule tumorali erano ricche di telomerasi. In pratica, attraverso tale enzima le cellule cancerogene diventavano immortali, sfuggendo al destino delle cellule ordinarie che solitamente muoiono dopo 80 duplicazioni, a causa – si ritiene – della scomparsa dei telomeri. Questo spiegava come mai i tumori fossero così resistenti, e le loro cellule addirittura immortali. La scoperta della telomerasi non ci donò la vita eterna, ma garantì alla ricerca contro il cancro una nuova promettente strada da imboccare, tanto che i tre scienziati scopritori dell’enzima sono stati insigniti nel 2009 del Premio Nobel per la medicina.

Telomerasi miracolosa

Mentre i laboratori di ricerca per la cura del cancro stanno oggi cercando di sviluppare vaccini capaci di annullare l’effetto della telomerasi nelle cellule tumorali, allo scopo di far morire queste cellule-killer e garantire una maggiore incisività della chemio-radio terapia e della chirurgia nella regressione dei tumori, l’anno scorso l’enzima ha dispiegato per la prima volta le sue incredibili doti. Un gruppo di ricercatori del Dana-Faber Cancer Institute di Boston ha impiegato infatti la telomerasi per “ringiovanire” alcuni topi da laboratorio. In realtà non hanno somministrato ai topi l’enzima, ma hanno trovato il metodo per riattivare la telomerasi naturale, quella presente ordinariamente nel nostro organismo. I topi, invecchiati, hanno reagito in maniera sorprendente: nel giro di un mese dalla riattivazione dell’enzima, la massa cerebrale era tornata ai livelli normali, attraverso la creazione di nuove giovani cellule nervose, il pelo era tornato a crescere e a tornare ai livelli ordinari, i muscoli erano ringiovaniti e nei testicoli erano iniziata la produzione di nuove cellule spermatiche, restituendo ai topi una ricca fertilità. In pratica, una nuova giovinezza.

Nei topi trattati presso il centro di ricerca non sono state osservate cellule tumorali: ciò apre alla possibilità di riuscire a capire come sia possibile utilizzare la telomerasi per ringiovanire l’organismo e incrementare la longevità delle nostre cellule senza trasformarle in cellule tumorali. Se la longevità donata dalla riattivazione della telomerasi naturale non fosse infatti associata all’inevitabile sviluppo dei tumori, come sembra ormai accertato, la speranza di vita media potrebbe salire fino a 200 anni.

L'eterna giovinezza delle staminali

cellule

Ma quest’anno la ricerca per allungare la vita sembra abbia fatto un importante passo in avanti. Fino a oggi si riteneva infatti che solo le cellule staminali embrionali potessero riuscire a trasformarsi nei diversi tipi di cellule di cui si compone il nostro organismo: perciò, la ricerca sulle potenzialità mediche delle cellule staminali, capaci di riparare i tessuti di organi danneggiati e magari curare malattie neurodegenerative come l’Alzhaimer producendo nuove cellule neuronali nel cervello, si era concentrata sull’uso delle staminali degli embrioni, scontrandosi con diversi principi etici che ritengono gli embrioni umani dei veri e propri esseri viventi, come tali intoccabili. Tuttavia, nel 2007 presso l’Università di Kyoto si riuscì per la prima volta a dimostrare che anche le cellule adulte possono essere ritrasformate per diventare cellule “pluripotenti”: in pratica si tratta far regredire queste cellule allo stesso stadio di quelle embrionali, capaci cioè di trasformarsi poi in cellule di diverso tipo, da quelle muscolari a quelle cerebrali e così via. Ciò diventa possibile innestando nel DNA delle cellule adulte quattro geni particolari che si trovano nelle staminali.

Una simile miracolosa soluzione si era però scontrata con l’impossibilità di applicare lo stesso procedimento alle cellule di persone anziane. Qui infatti si deve far fronte all’inesorabile senescenza delle cellule che, come abbiamo visto, dopo un tot di duplicazioni, non riescono più a riprodursi e muoiono. La nuova scoperta dell’Institute of Functional Genomics dell’Università di Montpellier ha permesso invece di aggirare l’ostacolo: aggiungendo al DNA delle cellule di persone anziane non solo i quattro geni di prima ma anche due proteine specifiche, definite “fattori di trascrizione” perché capaci di far sì che il DNA esprima il proprio patrimonio genetico altrimenti inservibile, è stato possibile trasformare cellule senescenti in nuove cellule staminali pluripotenti. In pratica, i fattori di trascrizione hanno riparato i telomeri ormai inservibili, facendo anche a meno dell’enzima telomerasi. Nella sperimentazione in vitro, le cellule prelevate da persone anziane – fino a 101 anni – si sono dimostrate capaci di tornare giovani e di potersi riprodurre trasformandosi in qualsiasi tipo di cellula. Gli scienziati oggi hanno scoperto anche come regolare la trasformazione delle staminali, per esempio “costringendole” a trasformarsi in cellule nervose. In questo modo sarebbe possibile iniettarle nell’organismo umano per prendere il posto delle cellule ormai morte, riprodursi, e restituire al cervello la sua giovinezza. Al cervello, ma non solo: ipoteticamente, questo meccanismo può essere applicato a tutte le parti del nostro corpo.

staminali

Certo, ci sono molti problemi da risolvere. Alcune variazioni genetiche impreviste presenti in queste cellule, per esempio. E il fatto che le cellule staminali pluripotenti presenti nell’organismo possono essere attaccate dal nostro sistema immunitario, che le riconosce come corpi estranei. Ma la speranza dei ricercatori è di risolvere questi problemi, senza creare difficoltà a livello etico: non sarà necessario, cioè, estrarre le staminali dagli embrioni umani, ma semplicemente – in futuro – riprogrammare le nostre cellule adulte. Indifferentemente dall’età.

La ricerca dell'antiossidante miracoloso

Se la prospettiva del 2030 non vi alletta, al momento le uniche soluzioni più promettenti già disponibili sono quelle degli antiossidanti. L’ossidazione, un fenomeno chimico comune, avviene infatti anche nelle nostre cellule: per poter funzionare, hanno bisogno di acqua e ossigeno, quindi in generale di un enorme apporto di O2, la molecola dell’ossigeno. Ma, nel corso delle reazioni chimiche che avvengono normalmente nella cellula attraverso questo combustibile naturale, vengono prodotti anche radicali liberi, responsabili del processo di ossidazione. I radicali liberi si combinano facilmente con altre molecole, danneggiandole attraverso la produzione di nuove reazioni chimiche che, in un processo a catena, possono provocare gravi danni all’intera cellula. Che tipo di danni? Si va dalle lesioni al nucleo cellulare, DNA compreso, ai danni alla membrana cellulare, tramite l’ossidazione dei lipidi; dai danni alle cellule dei vasi sanguigni fino a disturbi gravi come arteriosclerosi, artrite, malattie cardiovascolari e neurodegenerative. In generale, gli ossidanti accelerano il processo di invecchiamento attraverso una più rapida degenerazione delle cellule.

[quote|left]|Gli antiossidanti potranno mantenerci giovani e longevi per un po’, ma solo la genetica potrà veramente regalarci l’immortalità.[/quote]Attraverso gli antiossidanti, è possibile rallentare questo processo e allungare la speranza di vita. Ricerche si concentrano oggi sugli antiossidanti naturalmente presenti nel cibo, sotto forma anche di vitamine, allo scopo di definire diete capaci di incrementare giovinezza e longevità, ma per accelerare il procedimento è necessario puntare su soluzioni maggiormente incisive. Nel 2006 ricercatori dell’Università Sant’Anna di Pisa hanno dimostrato che la somministrazione del resveratrolo, un potente antiossidante naturale, in un piccolo pesce dalla vita media di nove settimane, ne ha allungato l’età fino al 30%.

Altre ricerche si concentrano sul noto coenzima Q10, usato anche nelle creme di bellezza per ringiovanire la pelle; tutto vero, anche se i risultati sono naturalmente modesti. L’Energiser HPE 40 messo a punto da un’équipe croata diretta dal professor Miroslav Radman dell’Università di Parigi V è un cocktail di diversi antiossidanti la cui potenza, dichiara la casa farmaceutica che l’ha appena messo in commercio, è centinaia di volte superiore a quella degli antiossidanti naturali. È vero che non ci sono ricerche in merito pubblicate sulle riviste scientifiche, per cui la cautela è d’obbligo. Ma Radman sostiene di utilizzare il ritrovato quotidianamente con ottimi risultati. Quale che sia la verità, gli antiossidanti potranno mantenerci giovani e longevi per un po’, ma solo la genetica potrà veramente regalarci l’immortalità. Per farcene cosa, poi, è tutto da capire.

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