A quando la prossima fine del mondo?
Se pensavate di esservi finalmente liberati da tesi catastrofiste e ansie millenariste, vi siete sbagliati. Ma non vi preoccupate, non è colpa vostra: dopo duemila anni passati a sparar date, gli appassionati dell’apocalisse sono ben lontani dall’aver deciso di appende le scarpette (o gli oroscopi) al chiodo solo perché i Maya o chi per loro non ci hanno azzeccato. Così, cominciano a spuntare nuove date alcune delle quali piuttosto vicine, altre per fortuna abbastanza lontane nel tempo da permetterci di ignorarle per un po’.
Asteroidi e tempeste solari
Tra una data e l’altra dovremo fare i conti con gli asteroidi, la vera minaccia alla nostra sopravvivenza, che ogni tanto – come vecchie zie sgradite – vengono a farci visita senza invito. Per il momento non è il caso di allarmarci: l’asteroide NT7 nel gennaio 2019 passerà a 60 milioni di chilometri dalla Terra, mentre 99942 Apophis, un vecchio amico – proprio ora sta passando sopra le nostre teste – farà un passaggio ravvicinato nel 2036, ma mentre qualche anno fa le possibilità di impatto erano più alte (1 su 6000 e rotti), oggi nuovi calcoli hanno abbassato la probabilità a 1 su 250mila, abbastanza da ignorarla. Più preoccupante è VK184 che ha una possibilità su tremila di colpirci il 3 giugno 2048. La più alta in assoluto finora calcolata, anche se gli astronomi aspettano il suo nuovo passaggio ravvicinato l’anno prossimo per effettuare stime più certe. Resta comunque un rischio molto basso. Nel peggiore dei casi, il suo diametro è di poco più di 100 metri: ben lontano dal produrre danni di livello estintivo, anche se farà una bella botta, simile a quella di Tunguska nel 1908.
Scientificamente parlando, c’è chi continua a preoccuparsi del Sole. Quest’anno la nostra stella entra nella fase più acuta del suo ciclo di 11 anni, per cui avremo tempeste solari più frequenti e violente di quelle (comunque ragguardevoli) che si sono avute nel 2012. Una tempesta solare non è rischiosa per la vita sulla Terra, ma un’emissione coronale piuttosto intensa e diretta verso il nostro pianeta può distruggere i sistemi elettromagnetici dei satelliti in orbita e anche molti di quelli a terra, causando danni per decine di miliardi di dollari. In un periodo di crisi economica, non è proprio l’aiuto che ci aspettiamo dal cielo. Il rischio c’è, ma resta basso.
Mini-ere glaciali o riscaldamento globale?
Alcuni temono che il lento risveglio del Sole nel corso dell’ultimo ciclo iniziato undici anni fa sia il campanello d’allarme di un suo ingresso in una fase di minimo di attività. Un minimo di attività è stato registrato tra il 1645 e il 1715, noto come “minimo di Maunder”, dal nome di un astronomo che alla fine del XIX secolo scoprì che la riduzione delle temperature in quel periodo doveva essere collegata al ridottissimo numero di macchie solari registrato dagli astronomi dell’epoca (una cinquantina in trent’anni rispetto alle decine di migliaia di norma). Ci fu una sorta di piccola era glaciale con inverni particolarmente rigidi e grandi danni alle coltivazioni. In tempi di riscaldamento globale, può sembrare la panacea a tutti i mali, ma in realtà presto scopriremmo che una piccola era glaciale non è così piacevole. Si tratta comunque di un’ipotesi remota, anche se uno pseudo-scienziato russo dal nome impronunciabile ha previsto il suo inizio nel 2014, senza fornire solide argomentazioni al riguardo.
Ci sono poi i consueti scenari pessimisti e catastrofisti di esperti di economia. L’anno scorso il libro 2030. La tempesta perfetta di Gianluca Comin e Donato Speroni, due economisti italiani, ha prodotto un certo dibattito. A loro dire, la crisi energetica con la graduale riduzione delle riserve petrolifere, insieme alla riduzione delle scorte d’acqua dolce, all’aumento della popolazione e alle conseguenze del riscaldamento globale innescherà una violenta crisi su scala planetaria (la “Grande Crisi”: e se quella di oggi ci fa paura, figuriamoci questa qui). Altri spostano la data-clue al 2045: secondo alcuni futurologi come Ray Kurzweil, sarà il momento della singolarità tecnologica, l’avvento di intelligenze artificiali che supereranno gli esseri umani. I singolaristi sono persone molto ottimiste su questa prospettiva, ma c’è chi all’idea di essere surclassato dai computer prova un brivido di terrore. Secondo il fisico Martin Rees e il filosofo Nick Bostrom, le nanotecnologie e le intelligenze artificiali potrebbero condurci a uno scenario alla Terminator, o alla Matrix, con l’umanità resa schiava dalle macchine. Per questo hanno fondato a Cambridge un centro di studio sul rischio esistenziale, mentre Martin Rees ha simpaticamente annunciato che l’umanità ha una possibilità su due di non sopravvivere al XXI secolo.
Il ritorno di Cristo… o degli extraterrestri?
Dopodiché, ci sono le care vecchie profezie di una volta che non scadono mai. La prima, il 2033. Saranno duemila anni dalla data della crocifissione di Gesù, almeno stando alla cronologia ufficiale che però fior di studiosi hanno da tempo smentito, e così lo stesso papa Ratzinger. In realtà questo bi-millenario dovrebbe cadere tra i sette e i tre anni prima, a seconda delle fonti, quindi tra il 2026 e il 2030. Ricordate il vecchio adagio “mille e non più mille”? Chi ci dice che non valesse per la data della crocifissione e non per quella della nascita di Gesù? Meditate, gente… Se tutto andasse bene, ci penseranno gli Elohim. Nel 2035 i nostri padri celesti extraterrestri, almeno stando al culto Raeliano, torneranno a prenderci alla fine di questa lunga giornata trascorsa all’asilo nido chiamato “Terra”. I Raeliani stanno già approntando ambasciate per accoglierli, ma avvertono che se non faremo i bravi probabilmente non avremo nessun premio, ma anzi saremo tutti spazzati via dal cosmo.
Ancora un passo oltre e arriviamo al 2060, data del Giorno del Giudizio secondo i calcoli di Isaac Newton. Il grande scienziato inglese, attento studioso della Bibbia, aveva passato molti anni nel tentativo di individuare dei riferimenti nascosti nella Scrittura, indizi lasciati dall’Altissimo per conoscere in anticipo la data della fine del mondo. Sulla scorta della criptica affermazione che si legge nel libro di Daniele (“un tempo, due tempi e la metà di un tempo”), Newton immagina si parli di anni, quindi tre anni e mezzo: circa 1260 giorni. E poiché, a suo dire, nella Bibbia il termine “giorno” equivale a un anno, la fine del mondo avverrà dopo 1260 anni. Ma da cosa? Essendo violentemente anti-papista, Newton calcola questa data dall’anno 800, l’incoronazione di Carlo Magno a opera del papa che segna l’avvento del Sacro Romano Impero. È da allora, a suo dire, che il papato, ossia l’Anticristo, ha assunto il potere nel mondo. E dopo 1260 anni sarà distrutto, quindi nel 2060. Peccato che Napoleone Bonaparte sciolse il Sacro Romano Impero nel 1805. Ma tant’è.