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5 cose da sapere in caso di puntura di api o di altri imenotteri

Di solito la reazione alla puntura di questi insetti è irritazione e dolore, ma nulla di più. In altri casi si possono correre anche rischi maggiori, fino allo shock anafilattico. Tutti, comunque, dovrebbero conoscere i seguenti cinque consigli degli esperti.
A cura di Redazione Scienze
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Con l'arrivo del caldo la natura apre generosamente i suoi petali e nuove generazioni di insetti iniziano il proprio ciclo di vita. Tra questi gli imenotteri, le cui specie più note sono api, calabroni e vespe che siamo soliti incontrare tanto nelle zone alberate, quanto sulle spiagge. Sebbene gli imenotteri in genere non siano aggressivi, è possibile essere colpiti dal loro pungiglione, di solito a causa di gesti "equivocati" da un esemplare che, sentendosi in pericolo, reagisce. Il più delle volte la puntura di un ape scatena una reazione localizzata, accompagnata talvolta anche da un dolore intenso (soprattutto se resta il pungiglione dell'epidermide). Nulla di pericoloso.

Altre volte possono scatenarsi reazioni allergiche anche particolarmente pericolose. Qualche dato l'ha fornito Antonino Romano, direttore dell'Unità di Allergologia del Complesso Integrato Columbus di Roma, che ha spiegato che "sono oltre 5 milioni gli italiani che ogni anno vengono punti, ma si stima che l'allergia al veleno di Imenotteri può provocare reazioni localizzate (dal 2,4% al 26%) o gravi reazioni sistemiche (dall'1% all'8,9%) di tipo respiratorio e cardiocircolatorio che si possono complicare fino alla morte: circa 10-20 casi all'anno accertati in Italia". Diventa importante sapere riconoscere in primo luogo una reazione normale da una anomala e potenzialmente pericolosa. In secondo luogo bisogna imparare a gestire l'emergenza. O, quantomeno, ad averne le conoscenze di base.

Da queste esigenze nasce "Punto nel Vivo", una campagna di informazione promossa da 25 esperti che vuole far conoscere al pubblico le reazioni allergiche da puntura di imenottero. I pazienti a rischio possono difendersi dalle punture o portando con sé l'adrenalina autoiniettabile, da applicare in caso di shock anafilattico, o seguendo una specifica immunoterapia allergene. In ogni caso, gli esperti invitano a tenere ben presenti i cinque punti elencati di seguito:

1.   Levare il pungiglione nel modo giusto. Se venite punti da un'ape ricordatevi che il pungiglione è seghettato e quindi rimane infisso nella sede della puntura. È opportuno estrarlo nel più breve tempo possibile perché questo diminuisce la dose iniettata. Aiutarsi con una punta smussa (anche l'unghia) con un movimento dal basso verso l'alto senza utilizzare pinze o schiacciarlo tra le dita poiché il sacco velenifero alla base del pungiglione potrebbe iniettare ulteriore veleno. Applicare, quindi, del ghiaccio.

2.   Cosa rende aggressive le api. Questi i fattori che aumentano l'aggressività di api, vespe e calabroni: odori intesi come quelli di un profumo, colori scuri nei vestiti, movimenti bruschi o rumori secchi quando ci ronzano intorno. Ricordatevi inoltre che i giorni ventosi ci mettono più facilmente a contatto con loro perché vengono abbassati i corridoi di volo.

3.   In caso di reazioni che durano più di 24 ore e con un diametro superiore a 10 centimetri è consigliabile una visita allergologica per stabilire se si è allergici al veleno di imenotteri. Ricordatevi che è importante eseguire le prove allergiche non prima di 3-4 settimane dalla reazione stessa, per evitare false negatività.

4.   In caso di shock anafilattico mantenete la calma e allertate immediatamente il pronto soccorso. Se avete con voi l'adrenalina autoiniettabile utilizzatela seguendo le prescrizioni del vostro medico, ricordandovi comunque di allertare il 118 per proseguire effettuare le cure del caso.

5.   Non basta l'immunoterapia. Anche chi sta seguendo l'Immunoterapia allergene specifica al veleno di imenotteri deve portare con se l'adrenalina autoiniettabile: sono due presidi che "lavorano" insieme, l'adrenalina in caso di shock mentre l'immunoterapia nel lungo termine per desensibilizzare il paziente allergico nel lungo periodo.

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