400.000 anni fa l’uomo inquinava già
L’igiene orale di 400.000 anni fa non poteva certamente beneficiare degli strumenti di cui siamo in possesso oggi; in compenso, però, il tartaro dentale può offrirci delle grandi opportunità per studiare le abitudini dei nostri antenati e per conoscere qualcosa del nostro passato.
I ricercatori della Tel Aviv Univesity, in collaborazione con i colleghi spagnoli, britannici e australiani, hanno scovato tracce di cibo e di agenti inquinanti potenzialmente nocivi in quattro denti preistorici provenienti dalla grotta di Qesem, a 12 chilometri da Tel Aviv: si tratta della più antica testimonianza di inquinamento di produzione umana mai individuata fino ad oggi. Il lavoro è stato reso noto attraverso un articolo pubblicato dalla rivista scientifica Quaternary International.
Cibi bruciati
Ma cosa erano questi agenti inquinanti? Per lo più si trattava di fumo che veniva inalato e che risultava dalla cottura dei cibi, principalmente carni: le tracce sembrerebbero riconducili all’inalazione di particelle di carbone che potrebbero essere spiegate con l’uso di accendere fuochi per cucinare all’interno della grotta. Non si può escludere che questo antichissimo inquinamento avesse degli effetti anche sulla salute di questi antichi esseri umani che, quindi, si trovavano a fronteggiare problemi che oggi ci sono tristemente noti.
Si tratta di una scoperta molto interessante nella quale, oltretutto, gli scienziati non riponevano grande fiducia, visti i 400.000 anni di antichità dei reperti; senza dubbio, però, il fatto che la grotta sia stata sigillata per 200.000 anni ha contribuito ad una conservazione ottimale di tutto quanto è stato trovato al suo interno.
Alimentazione preistorica
Grazie a quei denti, che il professor Ran Barkai dell’ateneo israeliano ha descritto come una “capsula del tempo”, sono stati evidenziati tre aspetti fondamentali: oltre al carbone proveniente da fonti di fuochi accesi in ambienti chiusi, infatti, sono state ritrovate tracce di una dieta a base vegetale nonché di fibre che, probabilmente, venivano utilizzate per pulire i denti o, in alternativa, erano ciò che restava di alimenti mangiati crudi.
Ma i ricercatori hanno osservato anche piccole tracce di acidi grassi, presumibilmente provenienti da noci o semi, oltre che particelle di amido nei denti analizzati. Gli scienziati sapevano già che gli abitanti della grotta mangiavano animali, sfruttandone interamente le carni e non solo. Una volta che la malcapitata preda veniva cacciata e macellata, si procedeva con la cottura prima di consumare ma poi le sue ossa erano rotte affinché se ne estraesse il midollo e venissero utilizzate come strumenti di diverso tipo. Adesso, grazie a questo studio, si è chiarito anche il peso non indifferente dei vegetali all’interno della dieta preistorica.
E poi c’era l’inquinamento che, probabilmente, anche all’epoca non doveva risultare particolarmente gradito al palato. Ma del resto lo sappiamo, il progresso comporta dei costi: costi che, evidentemente, abbiamo iniziato a pagare già 400.000 anni fa, secondo quella che sembra la più antica testimonianza del genere in assoluto.