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14 dicembre 1911, l'incredibile conquista del Polo Sud

Esattamente un secolo fa, un pugno di uomini guidati dal norvegese Roald Amundsen raggiungeva un territorio fino ad allora sconosciuto ed ostile, l’Antartide; un’incredibile impresa tra i ghiacci con l’obiettivo di essere i primi a mettere piede al Polo Sud.
A cura di Nadia Vitali
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Esattamente un secolo fa, un pugno di uomini guidati dal norvegese Roald Amundsen raggiungeva un territorio fino ad allora sconosciuto ed ostile, l'Antartico, un'incredibile impresa tra i ghiacci con l'obiettivo di essere i primi a mettere piede al Polo Sud.

Sono passati cento anni dalla conquista del Polo Sud eppure quella incredibile avventura che vide coinvolti uomini dalla resistente tempra fisica e morale continua ad apparire come un'impresa unica ed irripetibile nella storia dell'umanità; un secolo fa, in un pomeriggio gelido, Roald Amundsen poneva con orgoglio e stanchezza la bandiera, nel punto più a meridione che un essere umano avesse mai avuto l'onore di calpestare, ammirando un cielo verso il quale nessuno prima di allora aveva mai alzato gli occhi.

Amundsen, esploratore norvegese di neanche quarant'anni che si era già fatto soffiare il primato per la conquista del Polo Nord da Frederick Cook e Robert Peary, era deciso ad essere il primo a conquistare l'estremo Sud, le inviolate bianche terre dell'Antartide. Con questo obiettivo salpò con la Fram in compagnia di sette uomini ed 86 cani, mantenendo il segreto sulla sua meta con tutti, rilevando le sue reali intenzioni solo al fratello ed al capitano; il suo equipaggio conobbe la vera destinazione della nave solo diverse settimane dopo la partenza, mentre Leon Amundsen renderà pubblico l'obiettivo del fratello in autunno.

Esattamente un secolo fa, un pugno di uomini guidati dal norvegese Roald Amundsen raggiungeva un territorio fino ad allora sconosciuto ed ostile, l'Antartico, un'incredibile impresa tra i ghiacci con l'obiettivo di essere i primi a mettere piede al Polo Sud.

Quando la Fram arrivò nella Baia delle Balene venne posizionato il campo base ed iniziò la preparazione dei rifugi con depositi di provviste; gli uomini indossavano capi confezionati con pelli di animali e scarponi progettati dallo stesso Amundsen. L'8 settembre del 1911 il gruppo iniziò a muoversi verso l'interno approfittando di un temporaneo aumento delle temperature, ma improvvisamente il gelo tornò estremamente rigido, costringendo tutti a rientrare pochi giorni dopo.

Poi, finalmente, la partenza definitiva, quattro uomini seguirono Roald Amundsen mentre i restanti tre andarono ad esplorare la Terra di Edoardo VII: era il 19 ottobre del 1911 e alla spedizione diretta verso la meta ambita seguivano quattro slitte e 52 cani, di cui alcuni non resistettero al freddo, altri divennero l'alimento degli esploratori e solo 16 fecero ritorno al campo base. Condizioni meteo assai difficili, tempeste di neve, un territorio costellato di crepacci talvolta resi ancora più insidiosi dalla nebbia, resero la traversata immensamente faticosa.

Esattamente un secolo fa, un pugno di uomini guidati dal norvegese Roald Amundsen raggiungeva un territorio fino ad allora sconosciuto ed ostile, l'Antartico, un'incredibile impresa tra i ghiacci con l'obiettivo di essere i primi a mettere piede al Polo Sud.

Il 14 dicembre del 1911 il gruppo mette piede in un territorio completamente vergine battendo sul tempo, con somma soddisfazione di Amundsen, la spedizione dell'inglese Robert Falcon Scott che giunse oltre un mese dopo. Dopo tre giorni di osservazioni, il norvegese dispose il ritiro ed il rientro al campo base: in soli 99 giorni, dotati di un equipaggiamento che oggi sembrerebbe assolutamente non sufficiente, Olav Bjaaland, Helmer Hanssen, Sverre Hassel ed Oscar Wisting guidati da Roald Amundsen compirono una delle imprese storiche più memorabili del tempo.

Un tempo in cui la corsa alla conoscenza coinvolgeva tutti gli angoli del pianeta e tutte le popolazioni di cui c'erano ancora segreti da conoscere; un tempo ed un mondo così infinitamente lontani, in cui la vita poteva anche essere messa in gioco con onore, se il rischio che si correva era di tale entità. Come accadde a Robert Falcon Scott che, purtroppo, non tornò mai dal suo viaggio nella ostile terra antartica: di lui e dei suoi compagni restò una tenda che ne conservò i corpi, una macchina fotografica e le ultime parole annotate, gonfie di sofferenze patite ma anche di coraggio e di valore.

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