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10 domande a Le Iene sul metodo Stamina

L’impressione che emerge ascoltando l’opinione pubblica è che prendere posizione sul metodo Stamina sia facile. Non traspare a sufficienza la complessità dell’argomento. E la responsabilità, probabilmente, è anche delle Iene.
A cura di Redazione Scienze
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Oltre otto mesi fa la parola "Stamina" iniziò a rimbalzare di bocca in bocca con la stessa familiarità con la quale l'italiano parla di calcio ogni lunedì mattina. Così come indossiamo estemporaneamente gli abiti dell'allenatore, allo stesso modo abbiamo cominciato a vestire il camice del medico, rassicurati dai servizi de Le Iene sull'argomento. Fu la trasmissione della Mediaset ad accendere per prima i riflettori sul caso della piccola Sofia il 17 febbraio di quest'anno e da allora la telecamera di Giulio Golia è tornata periodicamente sull'argomento, alimentando indignazione e certezze. Certezze che, contrariamente a quanto si pretende dalla scienza, non sono passate attraverso il travagliato percorso del'incertezza che, per diradarsi (e non è detto che si debba diradare), necessita di umiltà e dubbi. E del resto è anche lavoro del giornalista quello di aiutare lettori o spettatori a capire. E qui le Iene sembra non abbiano fatto tutto quanto era in loro potere. Silvia Bencivelli, Alice Pace, Matteo Cattaneo, Salvo Di Grazia, Emanuele Menietti e Antonio Scalari hanno stilato una lista di 10 domande rivolte a Giulio Golia, la iena che ha curato i servizi su Stamina. La riportiamo di seguito:

1. Perché voi delle Iene non spingete Davide Vannoni a rendere pubblico il metodo Stamina? Se è davvero così efficace, non pensa sia giusto dare la possibilità a tutti i medici e pazienti di adottarlo?

2. Nei suoi servizi per Le Iene ci ha mostrato alcuni piccoli pazienti in cura con il metodo Stamina. Dopo otto mesi e quasi 20 puntate, perché non ha mai coinvolto le altre persone che Vannoni dice di aver curato negli ultimi anni, invitandole a mostrare i benefici del metodo stamina?

3. Perché non ha mai sentito la necessità di dare voce anche a quei genitori che, sebbene colpiti dalla stessa sofferenza, non richiedono il trattamento Stamina e anzi sono critici sulla sua adozione?

4. Nel primo servizio su Stamina lei dice che Vannoni prova a curare con le staminali casi disperati «con un metodo messo a punto dal suo gruppo di ricerca». Di quale gruppo di ricerca parla? Di quale metodo?

5. La Sma1 non sarebbe rientrata nella sperimentazione nemmeno se il Comitato l’avesse autorizzata, perché lo stesso Vannoni l’ha esclusa, ritenendola troppo difficile da valutare in un anno e mezzo di studi clinici. Come mai continua a utilizzare i bambini colpiti da questa patologia come bandiera per la conquista delle cure compassionevoli?

6. Perché non ha approfondito la notizia delle indagini condotte dalla procura di Torino su 12 persone, tra cui alcuni medici e lo stesso Vannoni, per ipotesi di reato di somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica, truffa e associazione a delinquere?

7. Perché non ha mai interpellato nemmeno uno dei pazienti elencati nelle indagini della procura di Torino?

8. Perché ha omesso ogni riferimento alle accuse di frode scientifica da parte della comunità scientifica a Vannoni, al dibattito attorno alle domande di brevetto e alle controversie che hanno portato a un ritardo nella consegna dei protocolli per la sperimentazione?

9. In trasmissione lei fa riferimento alle cure compassionevoli, regolamentate dal Decreto Turco-Fazio. Perché non ha spiegato che il decreto prevede l’applicazione purché «siano disponibili dati scientifici, che ne giustifichino l’uso, pubblicati su accreditate riviste internazionali»?

10. Se il metodo Stamina si dimostrasse inefficace, che cosa si sentirebbe di dire alle famiglie dei pazienti e all’opinione pubblica?

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