Riscritta la storia evolutiva del nostro cervello
Un team di ricercatori del Centre for Genomic Regulation (CRG) e di vari atenei spagnoli ha scoperto che le tre regioni principali nel quale è suddiviso il nostro cervello e quello degli altri vertebrati, ovvero prosencefalo, mesencefalo e romboencefalo, non sarebbero evolute da altrettante regioni ‘primitive' nei nostri nostri antenati ancestrali, ma soltanto da due. La scoperta apre scenari inediti sulla comprensione dell'evoluzione del cervello, che oltre a cambiare radicalmente quanto indicato nei libri di testo, potrebbe avere ripercussioni importantissime in campo medico, aiutando i neuroscienziati a capire meglio come si propagano le patologie cerebrali e perché coinvolgono determinate aree e altre no.
Per giungere a questa conclusione, i ricercatori, coordinati dal professor José Luis Ferran del Dipartimento di Anatomia Umana e Psicobiologia presso l'Università della Murcia (UMU), hanno realizzato la prima mappa completa della struttura cerebrale dell'anfiosso (Branchiostoma lanceolatum), un animale marino appartenente al gruppo dei cordati e considerato vicino ai vertebrati ancestrali dal punto di vista anatomico. In pratica, si tratta di un nostro lontanissimo parente in termini squisitamente evolutivi. La mappa molecolare, elaborata attraverso una tecnica chiamata “genoarchitecture” e basata sull'espressione di 48 geni, ha fatto emergere che nel sistema nervoso dei cosiddetti pre-vertebrati non c'erano tre regioni principali, ma probabilmente solo due, una anteriore e una posteriore.
Nell'anfiosso, infatti, non risulterebbe alcuna area cellulare esclusiva deputata alla formazione del mesencefalo dei vertebrati, ma ne risulta una unica strettamente correlata anche a quella del prosencefalo, una porzione che gli studiosi spagnoli hanno deciso di chiamare DiMes (Di-Mesencephalic primordium). “Il cervello non si è evoluto in modo isolato, ma piuttosto attraverso l'interazione di questi animali primitivi con l'ambiente”, ha sottolineato l'autore principale dello studio. I dettagli dell'affascinante ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Plos Biology.
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