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Perché il teletrasporto è ancora fantascienza (e forse lo resterà)

Nonostante il rapido sviluppo della tecnologia e i progressi del teletrasporto quantistico, l’ipotesi di trasferire istantaneamente esseri umani in posti lontani è ancora irrealizzabile.
A cura di Roberto Paura
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teletrasporto

Anche chi non ha mai visto una puntata di Star Trek ha familiarità con il concetto di teletrasporto, e sicuramente ogni tanto si sarà chiesto perché gli scienziati non si sono ancora decisi ad inventarlo, risparmiandoci viaggi e trasferte talvolta penose. Nel 1966, quando il telefilm più famoso al mondo esordì sugli schermi televisivi negli USA, il suo creatore Gene Roddenberry aveva bisogno di una trovata che non costringesse l’astronave Enterprise a scendere a ogni puntata su un pianeta, per ridimensionare il budget della produzione. Il teletrasporto sembrò la soluzione ideale: i membri dell’equipaggio entravano in un’apposita saletta, venivano smaterializzati e dopo un paio di secondi o poco più eccoli ricomparire sulla superficie del pianeta. Star Trek è ambientato nel XXIII secolo. Potremo, per allora, avere il teletrasporto?

Informazione e materia

Molto probabilmente, no. Nel 1995 il celebre fisico americano Lawrence Krauss lo spiegò nel suo bestseller La fisica di Star Trek. Anche se sono passati molti anni da allora, e alcuni degli ostacoli citati da Krauss sono stati superati dall’inarrestabile progresso scientifico e tecnologico, la maggior parte dei problemi resta insormontabile. Quasi tutti abbiamo sentito parlare del teletrasporto quantistico e dei crescenti successi nella capacità dei fisici di teletrasportare fotoni e addirittura atomi da una parte all’altra del mondo. Quello che si sta realizzando nei laboratori è diverso dal teletrasporto di Star Trek. Sfruttando un principio noto in fisica quantistica come entanglement, che permette un apparente trasferimento di informazione tra due particelle a velocità superiori a quelle della luce, gli scienziati possono riuscire a fornire a una particella lo stato di un’altra particella. Si tratta del teletrasporto di informazione, non di materia.

fisica_startrek

La stessa cosa non si può fare con gli esseri umani. Quand’anche fosse possibile acquisire l’informazione in bit di un essere umano e trasferirla istantaneamente da un’altra parte del mondo, avremmo poi bisogno di atomi veri, di materia, per riprodurre il nostro corpo altrove. E anche così, otterremmo al massimo un duplicato inanimato. È il principio che sta alla base delle stampanti 3D. Se io invio a una stampante 3D in Australia lo schema di un busto di Napoleone – le scanalature del marmo e così via – e la macchina possiede la materia necessaria a costruirlo (non marmo, ma un composto manipolabile simile alla plastica), otterrò in poco tempo una copia di quel busto. Non sarà identico all’originale, e non sarà l’originale stesso trasferito, ma semplicemente copiato. Il teletrasporto, in linea di principio, non crea una copia di noi stessi, ma trasferisce noi stessi altrove. Quindi, non possiamo inviare solo l’informazione riguardante il nostro corpo, il nostro “schema tecnico” per così dire, e creare una copia di noi stessi distruggendo l’originale. Qualcuno direbbe che è un concetto inconciliabile, tra l’altro, con la religione, perché implicherebbe la creazione di una copia dell’anima. Ma anche senza scomodare la religione, è piuttosto improbabile credere che possano esistere contemporaneamente due copie di noi stessi.

Come spedirci all'altro mondo alla velocità della luce

Dunque, il teletrasporto deve trasferire informazione e materia allo stesso tempo. Per farlo, deve poter spedire gli atomi del nostro corpo in un’altra parte del mondo alla velocità della luce. Non è facile. Come spiega Krauss, ci sono due possibilità: o trasferire non gli atomi, ma i quark, i componenti ultimi della materia, che sono estremamente più piccoli degli atomi, e quindi più facili da accelerare a velocità-luce; o trovare un modo per accelerare alla velocità-luce gli atomi stessi. Nel primo caso, dobbiamo trovare un modo per rompere la forza nota come “interazione forte”, che tiene uniti i quark, e che è la forza più intensa dell’universo. Sarebbe necessaria “una temperatura un milione di volte superiore a quella vigente nella regione centrale del Sole”. Nel secondo caso, dobbiamo sfruttare il principio degli acceleratori di particelle per portare la velocità di protoni, elettroni e neutroni a quella della luce: cosa che oggi facciamo per un numero assai ridotto di particelle, ma che applicato a un numero di atomi pari a 10.000.000.000.000.000.000.000.000.000 – tanti quanti quelli che compongono il nostro corpo – richiederebbe la produzione temporanea di “un’energia circa diecimila volte maggiore dell’energia consumata oggi sulla Terra”.

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Rispetto al 1995, abbiamo risolto perlomeno un problema, quello della memorizzazione dell’informazione. Allora, il computer più capiente degli Stati Uniti aveva una memoria di appena 10 gigabyte. Oggi, la memoria di un supercomputer raggiungere alcuni terabyte e si lavora a raggiungere la scala dei petabyte. L’informazione in bit di un essere umano richiede capacità di memoria superiori a questo livello, ma realizzabili in linea di principio: utilizzando supporti biologici come molecole di DNA al posto di chip di silicio, è stata dimostrata la possibilità di comprimere in pochi micron quantità di informazione enormi. Questi risultati porteranno nel prossimo futuro alla possibilità di riprodurre virtualmente una delle strutture più complesse esistenti in natura, il cervello umano; un risultato fino a pochi anni fa considerato impensabile. Ma probabilmente non ci servirà a realizzare il teletrasporto: anche se fossimo in grado di memorizzare in un “buffer degli schemi” (come sono definiti in Star Trek) l’informazione di un individuo durante il teletrasporto, probabilmente non ce ne faremmo nulla.

Tutto ciò senza contare altri problemi di natura teorica, come l’indeterminazione quantistica, che presuppone l’impossibilità di trasferire un atomo senza modificarlo in qualche modo attraverso l’azione di un osservatore. Oppure il problema dell’identità di un individuo, che potrebbe risultare compromessa dal trasferimento: è una delle trovate di maggior successo di diverse puntate di Star Trek, capace di sollevare non poche questioni. L’individuo teletrasportato da un’altra parte del mondo è identico a com’era prima del viaggio? Anche se potessimo teletrasportare la materia, siamo sicuri che la nostra coscienza, la nostra mente, quel sistema complesso che definiamo il nostro io, sia trasferibile insieme al resto dei diecimila bilioni di bilioni di atomi che costituiscono il corpo umano, l’hawrdare?

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