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Morire annegati nel proprio letto è possibile: cosa sono l’annegamento a secco e secondario

Si può restare vittime di annegamento anche a giorni di distanza da un incidente in acqua, dal quale apparentemente ci si era salvati. Ecco cosa c’è da sapere sull’annegamento a secco e su quello secondario.
A cura di Andrea Centini
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Con l'arrivo della bella stagione e le maggiori possibilità di fare un bel bagno al mare o al lago, per un semplice fattore statistico crescono sia il numero di incidenti in acqua che quello delle vittime per annegamento, anche a causa delle (rare) varianti di tipo secondario e a secco, più subdole e per questo sottovalutate, in particolar modo quando vengono coinvolti i bambini. A differenza del normale annegamento, nel quale la morte sopraggiunge per asfissia e alterazioni polmonari, innescate dall'invasione del liquido nelle vie respiratorie e dalla chiusura ‘automatica' dell'epiglottide al fine di proteggere i polmoni, in quello secondario il decesso è legato alla penetrazione di una piccola quantità di acqua, un evento che può uccidere anche molte ore dopo – quando non giorni – dall'incidente. Nell'annegamento a secco la morte sopraggiunge invece a causa della sola asfissia, scaturita dal blocco delle vie respiratorie e senza invasione del liquido.

Annegamento secondario

Può sembrare assurdo morire di annegamento nel proprio letto, a tre giorni di distanza dall'evento drammatico al quale apparentemente si era scampati, eppure è proprio ciò che accade col tipo secondario, che risulta essere particolarmente pericoloso per i bambini. Generalmente le vittime di questo annegamento, nelle ore antecedenti alla tragedia, si sentono stanche, avvertono sonnolenza e talvolta si trovano in uno stato confusionario, accompagnato da vomito e tosse. Sono tutti sintomi che alcuni, erroneamente, possono scambiare per una “choc” post trauma. In realtà si tratta invece della reazione alla poca acqua infiltratasi nei polmoni, che può entrare anche dopo un semplice tuffo nella piscina di plastica nel giardino di casa. Ecco perché è importantissimo insegnare ai bambini come tapparsi bocca e naso quando si ‘lanciano' in acqua. Ne basta poca infatti per generare un vero e proprio edema polmonare, col potenziale rischio di un'insufficienza respiratoria e morte. Se l'acqua è trattata con sostanze chimiche, come ad esempio il cloro caratteristico delle piscine, possono emergere anche altre complicazioni a peggiorare il quadro clinico. Insomma, quando si riesce a scampare a un principio di annegamento, è importante una visita dal medico per tutti i controlli del caso, anche se è stata ‘bevuta' pochissima acqua.

Annegamento a secco

L'annegamento a secco avviene per uno spasmo della laringe (laringospasmo), dovuto al fatto che nel principio di annegamento l'organismo reagisce per proteggersi dall'invasione del liquido, bloccando istantaneamente le vie respiratorie. Ciò, naturalmente, oltre a bloccare il passaggio dell'acqua impedisce anche quello dell'ossigeno, e in pratica si muore per asfissia. A differenza dell'annegamento secondario, quello a secco uccide generalmente poco dopo l'incidente in acqua, e il liquido non invade mai l'apparato respiratorio. Fortunatamente si tratta di eventi estremamente rari, che coinvolgono soltanto l'uno o il due percento delle vittime da annegamento. Non esistono farmaci per contrastare questi eventi e l'unico modo per scongiurare una tragedia è una terapia di supporto nelle strutture ospedaliere, che spesso comporta l'utilizzo di un respiratore. Insegnare il nuoto ai bambini sin da molto piccoli e supervisionarli mentre giocano in acqua, anche nella vasca di casa, rappresentano invece il metodo più efficace per prevenire potenziali pericoli.

[Foto di aghostmaycome]

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