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La Zona Morta del Messico continua a crescere: cos’è e perché è pericolosa per noi

A causa degli enormi quantitivi di inquinanti che finiscono nel Golfo del Messico avvengono cicliche esplosioni di alghe, che marcendo creano una vera e propria “Zona Morta” priva di ossigeno.
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A cura di Andrea Centini
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Il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), l'agenzia federale statunitense che si occupa di meteorologia e oceani, dopo accurate analisi condotte con la collaborazione di altri enti ha determinato che quest'anno la “Zona Morta” nel Golfo del Messico avrà un'estensione pari a 13mila chilometri quadrati, più o meno quanto lo Stato del New Jersey. Si tratta di una notizia drammatica che sottolinea per l'ennesima volta quanto possano essere gravi gli effetti dell'inquinamento umano sull'ambiente.

La Dead Zone, Zona Morta nel nostro idioma, non è altro che una vasta area del golfo nel quale la concentrazione di ossigeno è pari a zero o scarsissima (inferiore a 2 milligrammi per litro), una condizione tale che mette a repentaglio l'equilibrio del delicato ecosistema e l'esistenza stessa di moltissimi organismi, costretti a spostarsi o a soccombere. Viene monitorata da oltre trenta anni e la media annuale registrata sino ad oggi è di circa ottomila chilometri quadrati. Le cause della profonda ipossia sono ascrivibili alle acque reflue cariche di elementi azotati provenienti dalle numerose industrie agricole nell'area, i cui rifiuti vengono trascinati dalla pioggia sino al mare.

Queste sostanze catalizzano una vera e propria esplosione di alghe nel Golfo del Messico, che marciscono e vengono degradate dai batteri. A causa dell'enorme biomassa, le reazioni consumano quantità elevatissime di ossigeno, lasciando l'acqua, le piante e la fauna senza questo elemento fondamentale per la vita, provocando così morie e danni inimmaginabili agli ecosistemi.

Gli esperti del NOAA, che hanno collaborato con diverse università, stimano che nel solo mese di maggio, lungo i fiumi Mississippi e Atchafalaya scorrevano 165mila tonnellate di nitrati e 22600 tonnellate di fosforo. Per rendersi conto delle proporzioni, il quantitativo di nitrati era pari a quello di 2800 vagoni merci carichi di fertilizzante. Dati così allarmanti che avranno un impatto estremamente negativo anche sulla florida industria della pesca locale. Ad esempio, a causa dell'ipossia i gamberetti stanno crescendo in dimensioni molto meno che in passato, e ciò si tradurrà in costi sensibilmente più elevati.

Lo scenario dipinto dal NOAA non è nemmeno il più tragico, dato che secondo stime del LUMCON (Louisiana Universities Marine Consortium) l'area sarà della Dead Zone sarà estesa quanto quella delle Hawaii, che è ben oltre il +57 percento previsto dall'ente federale. Sebbene si tratti solo di previsioni, i numeri sono sempre stati confermati anno dopo anno grazie ai rilievi effettuati con le navi da ricerca.

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