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L’importanza di mantenere la giusta distanza

Quando qualcosa si avvicina eccessivamente al volto tendiamo a percepirlo come pericolo: tale sensazione, però, è influenzata anche dal nostro stato d’animo. Lo studio sulla “distanza minima di sicurezza” da mantenere nei rapporti sociali.
A cura di Nadia Vitali
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Esiste una impalpabile "bolla" che ci circonda, un'area di sicurezza alla quale possono avere accesso soltanto i più intimi; le dimensioni di questo spazio personale variano non soltanto da persona a persona, in relazione alla soggettiva natura di ciascuno, ma anche a seconda dello stato mentale in cui si trova quando qualcosa si avvicina troppo ai nostri invisibili confini. L'ansia, ad esempio, ha il potere di ingigantire fortemente la sensazione di pericolo che si può percepire qualora i limiti vengano valicati, trasformando anche quel che è innocuo in una potenziale minaccia.

L'ansia dello spazio "invaso" – In uno studio curato da Chiara Sambo e Gian Domenico Iannetti del dipartimento di neuroscienze della University College London è stata determinata per la prima volta con precisione "centimetrica" a quanto corrisponde questa "distanza di sicurezza" che consente di non sentirsi a rischio; i risultati del lavoro dei ricercatori sono stati resi noti in un paper pubblicato da The Journal of Neuroscience. Attraverso alcuni esperimenti è stato possibile stabilire come questo spazio attorno alla persona, il cui superamento da parte di esterni attiva le nostre difese, avrebbe un'ampiezza compresa tra i 40 e i 20 centimetri dal viso al cui interno si collocherebbe una "area ad altissimo rischio", variabile in ciascun individuo ma sostanzialmente maggiormente vicina alla faccia. In particolare, i soggetti più ansiosi manifesterebbero la tendenza a percepire gli stimoli in maniera pericolosa assai prima di quanto farebbero gli altri; e anche i temporanei livelli di angoscia personale avrebbero la propria influenza, allertando un comportamento più marcatamente "difensivo".

Mai troppo vicino! – Gli autori della ricerca hanno analizzato le reazioni di una quindicina di volontari sottoposti ad un esperimento che ne ha valutato il punto in cui scatta il riflesso involontario di ammiccamento dovuto alla eccessiva vicinanza di qualcosa; l'entità di tale riflesso è risultata variabile a seconda di quanto appariva pericoloso lo stimolo. Confrontando, infine, i dati di tale esperimento con i risultati di alcuni test a cui erano stati sottoposti precedentemente i volontari, è emerso chiaramente come i livelli di ansia personale siano strettamente collegati alla percezione dei fattori di rischio: insomma le persone sotto stress o emotivamente più predisposte a vivere in condizioni di ansia, avrebbero necessità di spazi più ampi per sentire in misura minore il peso dell'oppressione e della paura.

Riflessi pronti – Le applicazioni pratiche di esami di questa tipologia sono state già individuate dai ricercatori che hanno sottolineato come tale calcolo preciso potrebbe aiutare a mettere a punto strumenti in grado di stabilire le capacità di valutazione del rischio in alcuni specifici soggetti, come ad esempio quelli che scelgono di intraprendere professioni quali il vigile del fuoco o il poliziotto, dove i riflessi pronti costituiscono una caratteristica indispensabile; ulteriori sviluppi potrebbero inoltre portare a realizzare strumenti in grado di misurare, ed eventualmente migliorare, le prestazioni quando ci si trova sotto pressione.

[in apertura: foto di Lorenzo Sernicola]

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