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Insonnia fatale familiare, la veglia infinita che conduce alla morte

Una patologia estremamente rara che colpisce nel mondo circa 200 individui: un incubo da svegli, in cui il malato non riesce mai ad addormentarsi per mesi, piombando in uno stato confusionale perenne.
A cura di Nadia Vitali
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Si tratta di una patologia genetica estremamente rara che colpisce nel mondo circa 200 individui, un incubo da svegli, in cui il malato non riesce mai ad addormentarsi per mesi, piombando in uno stato confusionale perenne.

Essere costretti ad una veglia infinita, senza la possibilità di trovare requie, fino all'inevitabile decesso finale, dopo mesi trascorsi senza i benefici effetti del riposo: una patologia genetica estremamente rara chiamata insonnia fatale familiare colpisce nel mondo circa 200 individui condannando loro ad una vera e propria maledizione che toglie il sonno e getta nel disordine il cervello, rendendo impossibile riuscire a distinguere l'onirico dal reale.

Chi convive con il problema dell'insonnia può immaginare, con terrore, cosa possa significare subire questa condizione in maniera costante. Il male si manifesta nei portatori mediamente verso i 50 anni, con un periodo di esordio che dura circa un anno durante il quale ci si sente deboli, spossati e piuttosto depressi; nella fase successiva le ore di sonno iniziano rapidamente ad accorciarsi fino a giungere al punto in cui non si dorme più. Nella fattispecie, però, il malato sembra dormire sempre, versando in uno stato confusionale che ricorda il sonnambulismo ma che, purtroppo, sonnambulismo non è. Il decorso può variare da alcuni mesi a 2/3 anni con esito fatale.

Si tratta di una patologia neuro-degenerativa che fa parte delle encefalopatie spongiformi, tra cui la più famosa è certamente la BSE o «morbo della mucca pazza», determinata dai prioni, proteine presenti normalmente nel cervello umano ma che nel paziente risultano alterate; i prioni perdono la propria struttura naturale diventando facilmente degradabili e vanno ad accumularsi nel talamo, struttura del cervello preposta a diverse funzioni tra cui quella della regolazione del ciclo sonno/veglia. Si trasmette in forma autosomica, dal genitore con mutazione alla generazione successiva con una probabilità del 50%.

In Austria, Francia, Germania, Cina, Giappone e Stati Uniti sono stati individuati alcuni casi; in Italia, attualmente, in due famiglie ci sono soggetti affetti da insonnia fatale familiare. Qualche anno fa, in un libro intitolato The family that couldn't sleep, A medical mistery l'autore T. D. Max ipotizzava che proprio da una famiglia veneta traesse le più profonde radici il male. Ignazio Roiter, medico internista che da anni ha consacrato i suoi studi al morbo nella speranza di giungere ad una cura, ha ricostruito gli ultimi 150 anni di storia di questa famiglia X notando come la malattia sembri fare la sua prima comparsa a metà ‘800.

Minuziose ricerche sull'albero genealogico tramite documenti tratti dagli archivi parrocchiali o scarne testimonianze orali, 6 generazioni di individui uccisi dall'insonnia e i cui decessi furono liquidati come conseguenti di alcolismo, sindrome dissociativa, demenza presenile, ictus, o coperti dal silenzio che, talvolta, si preferisce riservare alle morti premature e misteriose della famiglia. E poi lo smembramento e l'allentamento dei rapporti nel corso delle generazioni, l'emigrazione; tutti fenomeni che «favorirono il mimetizzarsi della malattia in una casistica episodica. L'enigma e la tragedia rimasero occulti». Grazie alla sua meticolosità, Roiter ha colmato le lacune fornendo un quadro generale della malattia i cui dati non sono più lasciati all'interpretazione. I risultati dello studio, pubblicati a metà anni '80, destarono l'attenzione dei medici d'oltralpe che riconobbero il raro morbo di alcuni pazienti.

Ma la ricerca non si fermò lì e, pochi giorni fa, l'annuncio di uno studio finanziato da Telethon che valuterà l'uso di un farmaco, esistente in commercio da quarant'anni, ben tollerato dall'organismo e poco costoso, per una cura preventiva. Trattando con il medicinale alcuni pazienti che presentano la mutazione per l'arco di tempo di un decennio, la speranza è quella di evitare che la malattia possa insorgere nei portatori, salvando finalmente i membri della sventurata progenie dal lunghissimo incubo ad occhi aperti.

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