84 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Con CHEOPS anche l’Italia a caccia di pianeti simili alla Terra

La nuova missione spaziale dell’ESA – con un significativo contributo italiano – sarà lanciata nel 2017 per cercare le cosiddette “super-Terre”.
A cura di Roberto Paura
84 CONDIVISIONI
CHEOPS

La scoperta di nuovi pianeti extrasolari riempie ormai quasi quotidianamente le pagine dei giornali. Ed è solo l’inizio di un’epoca che gli astronomi definiscono senza dubbio la più eccitante dai tempi in cui Galileo iniziò a puntare il suo cannocchiale verso il cielo. Il perfezionamento delle tecniche d’osservazione promette miracoli, e il catalogo attuale di esopianeti – circa 800 confermati – è destinato ad aumentare a ritmi vertiginosi. Così, non c’è da stupirsi se l’ESA, l’Agenzia spaziale europea, ha deciso di dedicare la sua prossima missione scientifica di piccola taglia proprio alla ricerca di nuovi mondi quanto più possibile simili alla Terra. Le cosiddette “super-Terre”, pianeti rocciosi come il nostro ma di massa maggiore (da due a venti volte superiore a quella terrestre), costituiscono infatti i candidati più ambiti: più piccoli e difficili da osservare dei giganti gassosi, hanno tuttavia significative chance di poter trovarsi nella fascia abitabile che li renderebbe adatti alla vita.

Prendere le misure ai pianeti alieni

CHEOPS, nome assegnato dall’ESA alla nuova missione in partenza nel 2017, è l’acronimo di “CHaracterising ExOPlanets Satellite” ma non può non ricordare anche il famoso faraone a cui è attribuita la costruzione della celebre piramide. Come gli antichi egizi furono precisi e scrupolosi nel calcolo delle misure della piramide, così CHEOPS sarà altrettanto preciso e scrupoloso nell’analisi delle dimensioni di questi mondi alieni. La tecnica è quella più nota per scovare pianeti extrasolari: osservare una stella e individuare il transito del pianeta sul suo disco, che produce una conseguente diminuzione di luminosità. Una volta con queste tecnica si potevano scoprire solo pianeti molto grossi, sempre giganti gassosi come Giove o Saturno. Ma con l’osservatorio spaziale della NASA Kepler, che ormai ogni giorno aggiunge nuovi candidati alla sua lista, è stato compiuto un enorme passo avanti di cui beneficerà anche CHEOPS. Il satellite riuscirà infatti a distinguere pianeti di raggio da uno a sei volte quello della Terra, quindi fino alle dimensioni di Nettuno per intenderci, ma con massa tale da tradire la presenza di un pianeta roccioso e non gassoso. Una “super-Terra”, appunto.

super-terre

Sarà possibile in questo modo comprendere meglio il modo in cui si formano i pianeti, e avere una stima precisa di quanti potenziali gemelli del nostro pianeta potrebbero esistere nella galassia. Inoltre, CHEOPS potrebbe riuscire a individuare la presenza di atmosfere su alcuni di questi pianeti, aumentando le chance di trovare finalmente un’altra Terra. Il contributo italiano in questa missione è di primaria importanza: l’INAF (Istituto nazionale di astrofisica) vi partecipa attraverso i suoi astronomi e astrofisici degli osservatori di Catania, Padova, Palermo e Torino. Aziende ad alta tecnologia del nostro paese realizzeranno lo specchio primario e quello secondario del telescopio di CHEOPS, oltre allo schermo per proteggere il satellite dalla radiazione solare e il sistema di puntamento. Non solo: la base dell’Agenzia spaziale italiana a Malindi, in Kenya, avrà il compito di raccogliere a terra i dati inviati dalla missione, affidati poi all’ASI Science Data Center a Frascati che avrà il compito di analizzarli.

Missioni piccole ed economiche

Scelta per il suo alto valore scientifico su un totale di 26 progetti presentati, la missione CHEOPS è la prima di una serie di missioni di piccola taglia – “Small Missions” – che l’ESA intende realizzare nei prossimi anni, riducendo i costi (massimo 150 milioni di euro) e massimizzando i guadagni dal punto di vista delle conoscenze scientifiche acquisite. Tali missioni, sfruttando il know-how già acquisito negli anni precedenti, saranno inoltre realizzate più velocemente: meno di cinque anni per un programma spaziale è in effetti quasi un record. Il satellite sarà piazzato in orbita bassa, a 800 chilometri di altitudine, e avrà un’aspettativa di vita di tre anni e mezzo. Una parte del suo tempo di osservazione sarà “affittabile” dagli scienziati attraverso open call, per dare una sbirciatina a stelle considerate interessanti. I dati raccolti serviranno poi alla nuova generazione di telescopi a Terra, come quelli giganteschi in costruzione in Cile, e di telescopi spaziali, tra cui il James Webb della NASA, per analizzare in futuro anche le atmosfere di tali pianeti e trovare non solo condizioni ideali per l’abitabilità ma anche, perché no, tracce lasciate da civiltà extraterrestri.

84 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views