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Alzheimer, sperimentato nuovo farmaco in grado di far regredire la malattia

Un team di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Leicester ha sperimentato un nuovo composto efficace contro il mordo di Alzheimer. Il farmaco non solo è stato in grado di mitigare il declino cognitivo, ma anche di prolungare la vita dei topi trattati.
A cura di Andrea Centini
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Dopo l'importantissimo traguardo raggiunto dai ricercatori dell'UCLA e del Buck Institute, che attraverso un peculiare percorso terapeutico sono riusciti a invertire per la prima volta il processo della perdita di memoria in un gruppo di malati di Alzheimer, un nuovo studio del Medical Research Council (MRC) dell'Università di Leicester getta nuove speranze nella lotta a questa malattia, che in base alle statistiche rilasciate dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) colpisce attualmente oltre trenta milioni di persone in tutto il mondo.

Gli studiosi, coordinati dal professor Andrew Tobin, hanno infatti sperimentato con successo su topi affetti da una grave patologia neurodegenerativa (con effetti analoghi all'Alzheimer) una nuova famiglia di farmaci chiamati ligandi allosterici, in grado non solo di mitigare i fenomeni derivati dalla morte dei neuroni, come il declino cognitivo, ma anche di estendere la longevità degli animali malati e ormai allo stadio terminale.

La ricerca, durata quattro anni e condotta da un team di ricerca internazionale, ha individuato un bersaglio farmacologico nella proteina recettore “M1 muscarinic”, la quale, se stimolata quotidianamente col suddetto farmaco, ha un sensibile impatto sulla qualità e sulla durata della vita degli animali trattati.

L'aspetto più interessante dell'innovativo composto risiede nel fatto che la proteina bersaglio aveva già dato risultati incoraggianti con altri farmaci, tuttavia gli effetti collaterali erano troppo gravi per poter proseguire nella sperimentazione clinica (i test sull'uomo). I nuovi farmaci risultano invece estremamente promettenti sotto il profilo della sicurezza, e i ricercatori, che hanno pubblicato i dettagli su Journal of Clinical Investigation, sono piuttosto ottimisti sulla futura commercializzazione del prodotto, potenzialmente utile anche per contrastare altre patologie neurodegenerative.

[Foto di Alterfines]

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