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Alla scoperta dei segreti più intimi dei serpenti per curare le nostre malattie

Grazie al supporto del supercomputer Texas Advanced Computing Center (TACC) ricercatori americani stanno analizzando a fondo il genoma di varie specie di rettili, scoprendo dettagli affascinanti sulla loro biologia che potrebbero aiutarci a curare alcune malattie.
A cura di Andrea Centini
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Un team di genetisti ed erpetologi dell'Università del Texas di Arlington sta studiando da anni il genoma di serpenti e lucertole con un supercomputer, non solo per avere una migliore comprensione della biologia evolutiva di questi rettili, ma anche perché le informazioni ottenute possono offrire un importante contributo alla ricerca medica. Gli studiosi, coordinati dall'assistente professore Todd Castoe, docente di Biologia presso l'ateneo americano, hanno avviato le proprie ricerche provando a dare una risposta a complessi quesiti specifici, come ad esempio la comparsa del veleno e l'impatto delle variazioni genetiche su aspetto e funzioni organiche di questi animali, ma successivamente hanno esteso le proprie indagini in ambito sanitario.

La difficoltà principale in studi di questo tipo risiede nel fatto che i genomi come il nostro e quelli degli altri vertebrati sono composti da miliardi di basi di DNA, rendendo particolarmente complessa l'analisi, come ha sottolineato il dottor Castoe: “La comprensione dei collegamenti tra le differenze nel DNA e quelle nella forma e nelle funzioni di un organismo è fondamentale per comprendere biologia e malattie, e indagare questi collegamenti critici richiede una potenza di calcolo enorme”.

Il team americano si avvale del Texas Advanced Computing Center (TACC), uno dei centri di calcolo più potenti al mondo. Tra le ricerche più affascinanti portate avanti vi è quella condotta sui pitoni birmani, una specie di serpenti che ha la capacità non solo di riattivare le proprie funzioni metaboliche e fisiologiche, ma anche di rigenerare organi come cuore, polmoni, reni e fegato dopo un periodo di digiuno che li atrofizza. Basti pensare che a sole 48 ore dall'alimentazione, un pitone birmano può aumentare di 44 volte il tasso del proprio metabolismo e da 40 a 100 volte il volume dei propri organi.

Scoprire i meccanismi molecolari e genetici che si celano dietro questa ‘rigenerazione' degli organi potrebbe aiutare i ricercatori a contrastare numerose malattie nell'uomo. Sequenziando il genoma di pitoni a digiuno, alimentati dopo un giorno e alimentati dopo quattro giorni, Castoe e colleghi hanno trovato ben 1700 geni coinvolti, inoltre, curiosamente, in esperimenti condotti su cellule di mammifero hanno scoperto che anch'esse rispondono in qualche modo ai meccanismi molecolari legati al processo, pur avendolo perduto.

In un'altra ricerca condotta su due specie di serpenti a sonagli, strettamente collegate fra loro ma separate per millenni e tornate successivamente a incrociarsi producendo ibridi, gli studiosi hanno voluto indagare sull'influenza dei geni in relazione all'habitat, alla forma, alle funzioni e alla sopravvivenza, oltre che sul processo di speciazione veicolato dall'isolamento geografico, ovvero la divisione di una specie in due geneticamente distinte fra loro. I dettagli dei due studi sono stati pubblicati su BMC Genomics ed Ecology and Evolution.

[Foto di skeeze]

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