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Vaccino contro il coronavirus, a che punto è l’Italia

Nella corsa mondiale al vaccino in grado di fermare l’epidemia di Covid-19 sono almeno tre le formulazioni made in Italy: la più promettente e avanti nella sperimentazione è quella sviluppata in collaborazione con la Advent-Irbm di Pomezia, giunta alla fase III. In partenza anche la sperimentazione di fase I del vaccino sviluppato dall’azienda ReiThera di Castel Romano con fondi della Regione Lazio e del Ministero della Salute. L’altra opzione arriva invece dalla società di biotecnologie Takis con sede a Roma.
A cura di Valeria Aiello
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Nella corsa al vaccino contro il coronavirus la Russia avrebbe tagliato per prima il traguardo ma, nel caso di Sputnik V, il condizionale è d’obbligo perché, quello che il presidente Vladimir Putin ha battezzato con il nome del primo satellite che i sovietici mandarono in orbita all’epoca della guerra fredda, rappresenta una replica del duello tra Stati Uniti e Unione Sovietica più che una vittoria della ricerca. Ne parlavamo anche qui, sottolineando come la formulazione registrata in Russia per uso umano non abbia seguito le procedure standard e, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si troverebbe ancora nella fase 1 della sperimentazione clinica, la prima delle tre previste sull’uomo, quella in cui viene testato il profilo di sicurezza (frequenza e gravità di eventi avversi) su un numero limitato di persone, seguita dalla fase 2 – in cui vengono stabilite le dosi e se ne studiano gli effetti sia in termini di tollerabilità sia di immugenicità (la capacità di indurre una risposta immunitaria) su centinaia di persone – e quindi dalla fase 3 durante la quale si procede ai test di efficacia su larga scala, in genere decine di migliaia di volontari.

Vaccino contro il coronavirus, a che punto è l’Italia

Una premessa obbligatoria per comprendere che, nel mondo occidentale, la sperimentazione clinica richiede almeno un anno di tempo e che, anche accorciando i tempi, occorrono almeno 4-6 mesi per dimostrare sicurezza ed efficacia di un nuovo vaccino. In questo contesto lo sforzo per arrivare a una formula in grado di fermare l’epidemia di coronavirus procede senza sosta anche in Italia, dove il Governo si è ritagliato la possibilità strategica di intraprendere più direzioni.

La più promettente, anche a livello internazionale, passa da Oxford e procede a grandi passi grazie al vettore virale sviluppato dall’azienda Advent-Irbm di Pomezia, in provincia di Roma, ora prodotto da Astrazeneca. Il candidato vaccino, ChAdOx1-S, si basa su adenovirus non replicanti derivati da scimpanzé che trasportano il gene spike sintetizzato da Sars-Cov-2. Dopo i risultati positivi già raggiunti in laboratorio e negli studi preclinici sugli animali, la sperimentazione clinica di fase 3 per determinare la sicurezza, l’efficacia e l’immugenicità è partita su migliaia di volontari sani di ambo i sessi ed età compresa tra i 18 e 55 anni. Ai volontari viene somministrata una singola dose di vaccino per via intramuscolare seguita dall’assunzione di paracetamolo (1 mg) ogni 6 ore per le prime 24 ore.

Nel frattempo, procede il lavoro su altri due candidati vaccini tutti italiani. Il primo è quello di prodotto dall’azienda ReiThera, centro di proprietà svizzera con sede a Castel Romano, con fondi della Regione Lazio, del Ministero della Salute, della Ricerca e del Cnr che ha recentemente ricevuto l’autorizzazione dell’Aifa alla sperimentazione clinica di fase I su 90 volontari sani di ambo i sessi, fra adulti (18-55 anni) e anziani (65-85 anni), che saranno seguiti dall’Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma assieme al centro di ricerche cliniche di Verona. Anche in questo caso il vaccino, denominato GRAd-Cov-2, è basato su un adenovirus disattivato che codifica per la proteina Spike di Sars-Cov-2 ed ha già dimostrato di essere sufficientemente sicuro e immunogenico in modelli animali.

L’altra opzione made in Italy arriva invece dalla società di biotecnologie Takis con sede a Roma, in collaborazione con la Rottapharm Biotech di Monza. A differenza degli altri due candidati, il vaccino denominato Covid-eVax non utilizza un vettore virale ma è basato su un frammento di Dna sintetico a partire da una sequenza genetica di Sars-Cov-2, una metodica che permette di adattare la formulazione in caso di mutazione del virus. Gli studi preclinici in modelli animali hanno dato risultati promettenti e, già dopo una singola somministrazione, è stata misurata un’importante risposta immunitaria che aumenta dopo una seconda somministrazione. Il vaccino attende ancora l’autorizzazione alla sperimentazione clinica che dovrebbe partire con i test sull’uomo il prossimo inverno all’Istituto Pascale di Napoli e al San Gerardo di Monza.

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