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Covid 19

Vaccino anti-coronavirus, Bucci: “Arriverà prima della metà del 2021”

Il professor Enrico Bucci della Temple University di Filadelfia ottimista sui primi risultati della sperimentazione sull’uomo del vaccino di Oxford, quello opzionato anche dal Governo italiano: “Dati a tempo record, la risposta immunitaria è robusta già alla prima dose e potrebbe durare di più se si effettua un richiamo a 28 giorni”.
A cura di Valeria Aiello
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Stiamo ottenendo dati a tempo record, e si conferma la possibilità che nella prima metà dell’anno prossimo potremmo avere disponibile il primo vaccino efficace, se l’immunità anticorpale non dovesse risultare evanescente”. C’è ottimismo nelle parole di Enrico Bucci, professore aggiunto presso la Temple University di Filadelfia che in un lungo post su Facebook commenta i risultati della prima fase di sperimentazione sull’uomo del vaccino di Oxford, quello opzionato anche dal Governo italiano che si è già assicurato 4 milioni di dosi.

Si tratta di un vaccino basato su adenovirus di scimpanzé, che esprime come al solito la proteina spike del coronavirus ricorda Bucci che ha così riassunto i dati annunciati con uno studio (1) pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet in cui è stato valutato il profilo di sicurezza ed efficacia su oltre 500 volontari tra i 18 e i 55 anni di età.

a) Il vaccino, anche ad una sola dose, induce anticorpi neutralizzanti da subito, aumentati se, come nel caso di vaccino di Moderna (la casa farmaceutica Usa che sta sperimentato una diversa formula basata sempre su mRna in grado di esprimere la proteina Spike, ndr), si effettua un richiamo a 28 giorni;

b) Non si osserva diminuzione significativa del titolo anticorpale indotto a 56 giorni dalla prima dose;

c) Anche la risposta di tipo T (quella cioè cellulare, che in questi giorni tanta attenzione sta ricevendo perché potrebbe conferire una certa protezione anche senza anticorpi) è buona.

Restano però da sciogliere alcuni interrogativi riguardo l’osservazione in alcuni volontari di anticorpi neutralizzanti contro spike prima della vaccinazione. “Un fatto – aggiunge Bucci – che gli autori attribuiscono a malattie non diagnosticate, ma su cui bisogna indagare ulteriormente”. Inoltre, nella determinazione degli anticorpi neutralizzanti, “tre metodi diversi danno titoli anticorpali molto diversi. Urge uno standard, per poter confrontare tutti i vaccini e conoscere l’errore di questi metodi, cruciali per la determinazione dell’efficacia”.

Altro punto riguarda alcune controindicazioni, come sensazione di febbre, brividi, dolore muscolare e mal di testa. “Come di solito con gli adenovirus (a quanto pare anche di scimpanzé), effetti collaterali da lievi a moderati, soprattutto di tipo doloroso, sono molto diffusi, tanto che il protocollo è stato cambiato in corsa per aggiungere paracetamolo preventivo”. In ogni caso, ritiene il ricercatore italiano, visti i risultati ottenuti su macachi prima vaccinati e poi esposti al virus, in cui la malattia è stata evitata ma non la proliferazione del virus nel naso e nelle alte vie aeree, “non sappiamo ancora se questo vaccino riuscirà ad impedire l’infettività di chi assume il virus”.

I vaccini di Oxford, BionTech, CanSino e Moderna

Nella corsa alla ricerca del farmaco in grado di sconfiggere il coronavirus, anche la formula creata da BionTech con Pfizer, un competitore diretto del vaccino di Moderna, i cui primi risultati in preprint (2) sono disponibili per un primo gruppo di 45 pazienti. “Proprio come nel caso del vaccino simile di Moderna, anche in questo caso il titolo anticorpale sale a sufficienza solo dopo la seconda dose e gli eventi avversi sono stati generalmente modesti. Tuttavia, stranamente, non si osserva dose dipendenza né per quel che riguarda la produzione di anticorpi totali né per quella degli anticorpi neutralizzanti”.

Abbiamo quindi quattro vaccini che dimostratamente inducono in uomo la formazione di anticorpi neutralizzanti: due basati su adenovirus ricombinante (Oxford e CanSino Biologics, ndr), due basati su RNA messaggero (Moderna e BionTech con Pfizer, ndr). I dati sono coerenti nei due gruppi, suggerendo che gli studi siano corretti, ed indicano che: la risposta indotta con adenovirus è più robusta già dalla prima dose, e potrebbe durare di più; gli effetti collaterali sembrano più lievi nei vaccini a RNA (anche se si parla comunque generalmente di eventi lievi o moderati); i dati in animale sul vaccino di Oxford sembrano indicare che i vaccini ad adenovirus ricombinante (almeno quello) non abbattono il titolo virale nelle alte vie aeree dei soggetti vaccinati e poi infettati. Dati che, lo ripeto, sono convergenti anche da gruppi in competizione fra loro, e quindi probabilmente robusti”.

(1) Folegatti PM, Ewer Katie J, Aley K et al. Safety and immunogenicity of the ChAdOx1 nCoV-19 vaccine against SARS-CoV-2: a preliminary report of a phase 1/2, single-blind, randomised controlled trial. The Lancet July 20, 2020; doi: https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)31604-4.

(2) Mulligan MJ, Lyke KE, Kitchin N et al. Phase 1/2 Study to Describe the Safety and Immunogenicity of a COVID-19 RNA Vaccine Candidate (BNT162b1) in Adults 18 to 55 Years of Age: Interim Report. MedRxiv July 01, 2020; doi: https://doi.org/10.1101/2020.06.30.20142570

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