Una risata non è contagiosa per i ragazzini a rischio psicopatia: come è possibile
I ragazzini che non ridono come/quanto gli altri sono più a rischio psicopatia da adulti. Per quanto sia scorretto sostenere che un bambino sia destinato ad essere psicopatico da adulto, i ricercatori dello University College London ci spiegano come alcuni comportamenti siano promonitori di un probabile disturbo in età adulta.
Lo studio. Per giungere a queste conclusioni, gli scienziati hanno osservato il comportamento di un gruppo di 62 ragazzi maschi tra gli 11 e i 16 anni con comportamenti distruttivi e con ‘callous-unemotional traits' (soggetti con tratti di personalità fredda, indifferente, distaccata, poco empatica e senza sensi di colpa) e altri 30 normocomportamentali. I ragazzini sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale per poter osservare l'attività del loro cervello mentre ascoltavano alcune risate spontanee, altre risate impostate e pianti, e mentre rispondevano ad alcune domande come “Quanto sentire queste risate ti fa sentire coinvolto?” oppure “Quanto questi suoni ti sembrano genuine?”.
I risultati. Dai dati raccolti è emerso che il cervello di tutti i ragazzi si attivava in varie parti, inclusa la corteccia uditiva dove viene processato il suono. Però per i ragazzi con comportamento distruttivo e callous-unemotional traits, questa attività risultava ridotta nell'insula anteriore e nell'area motoria supplementare che sono considerate quelle che ci permettono di ‘sintonizzarci' con le emozioni altrui: ad esempio facendoci contagiare da una risata. Anche i ragazzi con comportamento distruttivo, ma con un ridotto livello di callous-unemotional traits, mostravano una ridotta attività in queste aree, ma non così accentuata.
Conclusioni. Secondo i ricercatori, il non farsi contagiare da una risata può essere il sintomo di un futuro problema comportamentale da adulti. Certo non è corretto dire che questi ragazzi saranno certamente psicopatici, o necessariamente adulti pericolosi, ma poter individuare diverse attività cerebrali e associarle a problemi comportamentali e di immedesimazione emotiva aiuta a comprendere meglio come sviluppare eventuali trattamenti utili proprio a gestire queste difficoltà.