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Covid 19

Una distanza di 2 metri al chiuso può non bastare ad evitare il contagio

Lo ha scoperto un team di ricerca statunitense valutando gli effetti delle diverse strategie di ventilazione e del distanziamento sul trasporto degli aerosol: “Le particelle possono spostarsi rapidamente dalla zona di respirazione di un’altra persona in un minuto, percorrendo anche una distanza di due metri”.
A cura di Valeria Aiello
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Una distanza interpersonale di 2 metri potrebbe non bastare a ridurre il rischio di esposizione agli aerosol virali al chiuso. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato da un team di ricerca della Penn State University sulla rivista scientifica Sustainable Cities and Society che ha valutato gli effetti delle diverse strategie di ventilazione degli edifici e del distanziamento interpersonale sul trasporto degli aerosol indoor.

L’analisi ha preso in esame tre fattori: la quantità e la velocità dell’aria negli ambienti, lo spostamento dei flussi d’aria associati alle diverse strategie di ventilazione e la modalità di emissione degli aerosol respiratori, tracciando come le particelle possono spostarsi dalla zona di respirazione di una persona a quella di un’altra. “I nostri risultati rivelano che le particelle cariche di virus emesse da una persona infetta che parla senza mascherina possono viaggiare rapidamente, percorrendo entro un minuto anche una distanza di due metri” spiegano gli autori dello studio.

Questa tendenza, particolarmente evidente negli ambienti scarsamente ventilati, è stata confermata anche negli ambienti con sistemi di ventilazione a dislocamento, ovvero dove l’area fresca e pulita viene immessa a livello del pavimento, spingendo l’aria vecchia e potenzialmente contaminata verso le prese d’aria disposte a livello del soffitto.

Questo tipo di ventilazione, evidenziano gli studiosi, può comportare una concentrazione di aerosol virali nella zona di respirazione umana fino a sette volte superiore rispetto a sistemi di ventilazione a modalità mista, che prevedono invece l’immissione di aria esterna in modo da diluire uniformemente quella interna, così da mantenere una migliore miscelazione dell’aria temperata e allo stesso tempo una più bassa concentrazione di aerosol.

Una divergenza, quest’ultima, che i ricercatori non si aspettavano di osservare, e che può essere ulteriormente ampliata aumentando ventilazione e velocità di miscelazione dell’aria. “Queste due opzioni possono ridurre efficacemente la distanza di trasmissione e il potenziale accumulo di accumulo di aerosol esalati, ma sono solo due alternative di un arsenale di strategie di protezione – ha evidenziato Donghyun Rim, autore corrispondente dello studio e professore associato di ingegneria architettonica presso la Penn State University – . Le misure di prevenzione delle infezioni trasmesse per via aerea, come il distanziamento fisico, la ventilazione e l’uso della mascherina dovrebbero essere considerate nell’insieme, per un controllo a più livelli”.

I risultati conseguiti dai ricercatori confermano dunque che le mascherine restano molto importanti nel limitare il rischio di trasmissione virale, sebbene le strategie di ventilazione influiscano notevolmente sulla trasmissione aerea degli aerosol. Pertanto, il lavoro degli studiosi si è ora concentrato sull’analisi delle dinamiche di trasporto degli aerosol esalati in altri contesti, come nelle aule scolastiche e sui mezzi pubblici, compresi autobus e treni.

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