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Un paziente cieco ha recuperato parzialmente la vista grazie a una terapia sperimentale

Utilizzata per la prima volta per il recupero della funzione visiva in un uomo di 58 anni che da 40 era non vedente a causa di una malattia genetica neurodegenerativa, ha combinato il trattamento con terapia genica e impulsi di luce, dimostrando un notevole miglioramento nelle attività visive quotidiane.
A cura di Valeria Aiello
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Una terapia unica nel suo genere può consentire il recupero della funzione visiva nei pazienti affetti da malattie neurodegenerative dell’occhio, come la retinite pigmetosa, una patologia genetica ereditaria che colpisce più di due milioni di persone in tutto il mondo, in cui la progressiva perdita dei fotorecettori può portare a cecità completa.

La terapia sperimentale per il recupero della vista

L’innovativa tecnica è stata utilizzata con successo in un uomo di 58 anni che, a causa della malattia, da 40 anni era non vedente, nell’ambito dello studio PIONEER, un protocollo di sperimentazione clinica volto a valutare sicurezza e tollerabilità di un trattamento che combina terapia genica e impulsi di luce che stimolano l’occhio tramite speciali occhiali medici. La tecnica, chiamata ripristino optogenetico della visione, ha permesso al paziente di riacquistare in parte la vista all’occhio trattato, rappresentando il primo caso di recupero funzionale in una malattia neurodegenerativa dopo terapia optogenetica.

All’uomo, che prima del trattamento avvertiva soltanto la presenza della luce senza distinguere gli oggetti, è stata somministrata una singola iniezione intraoculare di una terapia genica che consente di aumentare la funzione di percezione della luce nelle cellule della retina danneggiate e, in seguito alla modifica di queste cellule, l’occhio così trattato è stato stimolato attraverso gli appositi occhiali, in modo che le stesse cellule venissero attivate.

Abbiamo combinato l’iniezione di un vettore virale adeno-associato che codifica per la proteina ChrimsonR con la stimolazione della luce tramite occhiali che rilevano i cambiamenti locali dell’intensità e proiettano i corrispondenti impulsi luminosi sulla retina per attivare le cellule gangliari retiniche trasdotte optogeneticamente”.

Il trattamento, descritto nel dettaglio sula rivista Nature Medicine, è stato ben tollerato dal paziente che è stato in grado di riconoscere, localizzare e toccare con successo diversi oggetti. “Il paziente ha riportato un notevole miglioramento nelle attività visive quotidiane come riconoscere un piatto, una tazza o un telefono, trovare un mobile in una stanza e rilevare una porta in un corridoio, ma solo con l’uso degli occhiali – osservano i ricercatori – . Pertanto, il trattamento mediante la combinazione di un vettore optogenetico con occhiali che stimolano la percezione della luce ha portato a un livello di recupero visivo in questo paziente che risulta essere di beneficio significativo nella vita quotidiana”.

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