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Un nuovo vaccino a mRna contro il cancro è in fase di sperimentazione nell’uomo

Sviluppato da BionTech, nei test preclinici ha dimostrato di poter inibire la crescita del melanoma e ridurre anche i tumori secondari derivati da metastasi.
A cura di Valeria Aiello
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Per ora ha ancora un nome in codice poco accattivante, BNT131, ma proprio come i primi due vaccini anti-Covid ad essere autorizzati per l’uso nell’uomo – uno è il Comirnaty di Pfizer sviluppato dalla società tedesca BioNTech, e l’altro quello realizzato dalla società statunitense Moderna – , il nuovo candidato anti-cancro utilizza la tecnologia dell’RNA messaggero (mRNA) per istruire le cellule a produrre specifiche proteine. Nel suo caso, però, l’mRna è progettato per codificare per quattro diverse citochine in grado di promuovere una maggiore attività delle cellule T.

Questo approccio, che in studi preclinici ha indicato di poter aumentare la risposta immunitaria contro i tumori, è attualmente in fase di studio nell’uomo nell’ambito della nuova sperimentazione avviata da BionTech in collaborazione con la francese Sanofi, con dati preliminari che non indicano effetti collaterali gravi.

Il nuovo vaccino, spiegano gli sviluppatori di BionTech, è progettato come immunoterapia intratumorale per il trattamento dei tumori solidi e utilizza l’mRNA per codificare per le citochine IL-12sc, IL-15sushi, interferone alfa (IFNα) e il fattore stimolante le colonie di granulociti-macrofagi (GM-CSF), che i ricercatori hanno identificato “come mediatori della regressione del cancro nei test su diversi modelli di tumore murino”.

Quando il vaccino è stato testato nei topi con due diversi tipi di tumore (melanoma e cancro ai polmoni), la terapia iniettata direttamente nel melanoma ha infatti dimostrato di ridurre la massa tumorale a livello locale, producendo una riposta anche in diversi altri siti, risultando dunque efficace nell’inibire anche la crescita del carcinoma polmonare. Un risultato che ha suggerito sia il potenziale della nuova terapia nei confronti del tumore per cui è mirata, sia contro tutti i tumori secondari che potrebbero derivare da metastasi.

Questi dati, pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, hanno portato all’ottimizzazione di un protocollo di studio nell’uomo, che attualmente si trova nella fase 1/2, coinvolgendo 231 volontari con neoplasie metastatiche. Il trattamento è impiegato come monoterapia in pazienti con melanoma avanzato e in combinazione con un inibitore del checkpoint anti-PD-1/PD-L1 in pazienti con melanoma avanzato e alcuni tumori solidi.

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