Un fallo porta fortuna di 1.800 anni fa: il graffito romano trovato nel Vallo di Adriano
Un fallo inciso su pietra è stato trovato in una cava romana risalente a 1.800 anni fa in quello che il Vallo di Adriano è stato trovato dai coraggiosi archeologi della Newcastle University con la collaborazione della Historic England in seguito ad un’avvincente progetto di studio sulle iscrizioni romane nella Gel Forest, vicino Bramton, Cumbria. Vediamo insieme i dettagli di questa interessante scoperta.
Un fallo porta fortuna. Gli esperti raccontano di essere riusciti a trovare quattro nuove iscrizioni figurative in quella che è chiamata la “roccia scritta di Gelt’ che comprendono nove iscrizioni romane di cui 6 leggibili e altre quattro nuove che includono una figura di un soldato romano e un fallo. Ma perché un fallo? Gli esperti spiegano che il fallo era considerato un simbolo di porta fortuna, quindi nulla a che vedere con i peni disegnati nei bagni degli autogrill.
Le altre iscrizioni. Oltre al fallo, gli archeologi hanno trovato anche un’iscrizione che recita “APRO ET MAXIMO CONSOLIDI OFICINA MERCATI” e si riferisce al consolato di Aper e Massimo, datati al 207 d.C. quando il Vallo di Adriano fu rinnovato. “Queste iscrizioni a Gelt Forest sono probabilmente le più importanti sulla frontiera del Vallo di Adriano. Forniscono informazioni sull'organizzazione del vasto progetto di costruzione del Vallo di Adriano, così come alcuni tocchi molto umani e personali, come la caricatura del loro ufficiale comandante inscritta da un gruppo di soldati”, fa sapere Mike Collins, ispettore di monumenti antichi per il Vallo di Adriano di Historic England.
Una scoperta avventurosa. Per raggiungere queste iscrizioni, gli archeologi si sono calati con le corde dentro la cava e hanno utilizzato i laser per ottenere scansioni utili a preparare modelli digitali tridimensionali della superficie rocciosa, permettendo così di salvaguardare il sito per studi futuri. “Queste iscrizioni sono molto vulnerabili a un ulteriore decadimento graduale. Questa è una grande opportunità per registrarli come sono nel 2019, usando la migliore tecnologia moderna per salvaguardare la capacità di studiarli nel futuro”, ha spiegato Ian Haynes, professore di archeologia all'Università di Newcastle.