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Un anticorpo monoclonale ferma lo sviluppo di metastasi del tumore al seno

Lo ha scoperto un team di ricerca internazionale guidato dagli esperti dell’Università Campus Bio-Medico di Roma: il trattamento si è dimostrato efficace nell’inibire l’attività dell’integrina alfa5 che gli studiosi hanno identificato come una delle proteine maggiormente coinvolte nello sviluppo di metastasi ossee del cancro al seno.
A cura di Valeria Aiello
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Un anticorpo monoclonale, chiamato volociximab e noto anche come M200, ha dimostrato di bloccare lo sviluppo di metastasi ossee del carcinoma mammario. Il risultato è stato raggiunto da un team di ricerca internazionale in uno studio multicentrico recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Oncogene e condotto dal dott. Francesco Pantano dell’Unità di Oncologia medica del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma in collaborazione con il professor Philippe Clézardin dell’Inserm di Lione e grazie al lavoro di gruppi di ricerca in Germania, Polonia e Regno Unito, tra cui l’Unità di Farmacogenomica dell’Institut Curie di Parigi e il Dipartimento di Biologia dei Tumori dell’University Medical Center di Amburgo.

Un anticorpo monoclonale blocca le metastasi del cancro al seno

Grazie ad uno screening effettuato sul genoma di pazienti affette da tumore della mammella, la ricerca ha permesso di arrivare a determinare che la proteina integrina alfa5 – risultata altamente espressa nelle metastasi ossee del cancro al seno rispetto alle metastasi polmonari, epatiche e cerebrali – è uno dei fattori maggiormente coinvolti nel processo di metastatizzazione ossea del cancro al seno. In particolare, livelli di espressione più elevati possono essere responsabili della comparsa di recidiva anche a distanza di anni dalla fine dei trattamenti chirurgici e adiuvanti.

Gli studiosi hanno pertanto valutato l’effetto di strategie silenziamento genico e inibizione funzionale dell’integrina alfa5 utilizzando, tra i diversi approcci, anche il trattamento farmacologico con l’anticorpo monoclonale volociximab. I risultati, osservati in cellule tumorali in vitro e poi in vivo, hanno indicato un’elevata efficacia dell’anticorpo nel bloccare la formazione di metastasi ossee.

La fibronectina nelle cellule di osso e polmone: osteoblasti (frecce bianche), osteociti (asterischi rossi) e nelle cellule endoteliali (frecce nere) / Oncogene
La fibronectina nelle cellule di osso e polmone: osteoblasti (frecce bianche), osteociti (asterischi rossi) e nelle cellule endoteliali (frecce nere) / Oncogene

La proteina integrina alfa5 – ha spiegato il dott. Pantano – è il ‘gancio' con cui la cellula tumorale si lega alla fibronectina, che è altamente presente nel microambiente osseo. Questo ‘aggancio', il primo evento che porta allo sviluppo delle metastasi, viene bloccato dal volocixamab che si frappone alle due molecole e ferma la propagazione del tumore nell’osso. Il risultato è molto promettente anche perché il farmaco è sicuro, è già stato testato e non è tossico”.

In tal senso, l’impiego del volocixamab, che ha già superato le prime fasi di sviluppo clinico, ridurrebbe notevolmente l’iter di sperimentazione, permettendo il riposizionamento terapeutico sulla base di nuove conoscenze scientifiche. Un obiettivo di ulteriori studi, concludono i ricercatori, potrebbe essere quello di stabilire “se le pazienti con carcinoma mammario positivo per l’integrina alfa5 con metastasi ossee possano trarre beneficio da volociximab in combinazione con denosumab, che è il miglior standard di cura per la prevenzione della morbilità scheletrica associata alle metastasi ossee in pazienti con neoplasie avanzate”.

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