Un acceleratore di particelle anche in Italia, svelerà i segreti della supersimmetria
Costituirà un freno fondamentale alla fuga dei cervelli dal nostro paese e, allo stesso tempo, segnerà un nuovo punto in favore della ricerca scientifica d’eccellenza italiana. Entro i prossimi sei anni diventerà operativo l’acceleratore di particelle SuperB, un fratello minore del gigantesco LHC del CERN di Ginevra entrato in funzione nel 2008 dopo quasi quindici anni di lavori e 7,5 miliardi di euro spesi. Sarà costruito a Roma, presso l’Università Tor Vergata, e intitolato al fisico italiano Nicola Cabibbo che nel 2008 si vide ‘scippare’ il Nobel, attribuito invece ai suoi due colleghi di lavoro.
L'Europa alla guida delle ricerche nella fisica estrema
Il SuperB rappresenterà una grande rivincita per la fisica italiana ed europea. Qualche giorno fa, infatti, si è definitivamente spento, negli Stati Uniti, il Tevatron, che dal 1983 è stato il più grande acceleratore di particelle del mondo. Costruito presso il Fermi National Laboratory nell’Illinois, il Tevatron costituiva una sfida simbolica all’Europa: negli anni bui del nazi-fascismo, infatti, quasi tutte le più grandi menti della fisica furono costrette a emigrare negli USA. Uomini come Albert Einstein, Niels Bohr, Edward Teller ed Enrico Fermi dovettero abbandonare le loro rispettive patrie per trovare rifugio nell’unico paese che poteva garantire loro la continuità della ricerca lontani dallo spettro della guerra totale. Non ci riuscirono del tutto, perché si videro costretti a mettere le loro capacità al servizio degli Alleati, progettando e costruendo la bomba atomica. Ma, quando le acque si calmarono, poterono tornare alla fisica più innocua, quella che avrebbe aperto all’umanità le porte dell’universo.
In Italia, Fermi aveva proposto la costruzione di un acceleratore che il regime fascista bocciò sonoramente: gli Stati Uniti, invece, vollero che il Tevatron fosse costruito propri nei laboratori intitolati al nostro fisico che, nel dicembre 1938, partendo dalla stazione Termini di Roma alla volta di Stoccolma per ritirare il premio Nobel, avrebbe poi riparato in America senza mai più fare ritorno in Italia. Dopo una lunga competizione, con gli americani che hanno sperato a lungo di battere il CERN scoprendo per primi l’elusivo bosone di Higgs, la cosiddetta “particella di Dio”, gli Stati Uniti hanno infine dovuto accettare l’incontrastata superiorità del nuovo acceleratore LHC e la chiusura del Tevatron.
Approfittando di questa nuova epoca d’ora della fisica europea e mondiale, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), che ha già messo a segno importanti risultati – tra cui la collaborazione con il CERN che ha portato alla scoperta dei neutrini superluminali –, ha chiesto al governo italiano un paio d’anni fa di osare di più, dotando finalmente anche l’Italia di un vero acceleratore di particelle. Una richiesta che questa volta è stata approvata e finanziata. Entrato nell’elenco dei “progetti bandiera” della ricerca italiana stilata dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il SuperB è ora stato finanziato e i lavori partiranno a breve: l’area che occuperà, nel sottosuolo del campus di Tor Vergata, sarà estesa circa 30 ettari; il tunnel avrà una circonferenza di 1,8 km.
Alla ricerca di particelle esotiche
I leptoni sono le particelle dotate di carica con la più piccola massa esistenti in natura (dal greco leptos, “leggero”). Il più noto dei leptoni è l’elettrone, che come si sa circonda il nucleo di un atomo ed è dotato di carica elettrica. Il leptone T o tauone ha la stessa carica dell’elettrone ma una massa significativamente superiore; non esiste in natura perché è molto instabile e decade rapidissimamente in un leptone di massa inferiore, come appunto l’elettrone. Per trovarlo, abbiamo bisogno di elevate energie.
I mesoni sono l’opposto dei leptoni perché rientrano nella ben più larga e pesante famiglia degli adroni (dal greco adros, “forte”), all’interno dei quali rientrano i protoni e i neutroni, i costituenti cioè del nucleo atomico. Ma gli adroni si dividono in due sotto-famiglie: quella dove abitano i protoni e i neutroni è la famiglia dei “barioni”; mentre i “mesoni” costituiscono l’altro gruppo. I mesoni sono i cugini poveri: mentre i barioni, infatti, sono costituiti da tre quark (i mattoni più elementari della materia), i mesoni sono composti solo da un quark e un antiquark. Di mesoni ce ne sono a bizzeffe, distinti a seconda del tipo di quark di cui sono composti, ma sono tutti instabili: decadono dopo un milionesimo di secondo o anche meno, e vederli è davvero difficile, se non appunto grazie alle elevate energie raggiunte negli acceleratori.
Per produrre tutte queste particelle “esotiche” (così dette perché non fanno parte della nostra comune esperienza) è necessario far scontrare a velocità elevatissime un fascio di elettroni con un fascio di positroni, che altro non sono se non le antiparticelle dell’elettrone, cioè i gemelli di antimateria degli elettroni. Da questo scontro frontale emergono migliaia di particelle che normalmente non riusciremmo a osservare, che esistono per pochissimi istanti, ma sufficienti perché vengano rilevati dagli strumenti dell’acceleratore, come i leptoni T e i mesoni B e D. Perché ci interessano proprio queste particelle? Pura curiosità intellettuale? Non proprio.
I misteri dell'antimateria e della supersimmetria
Sembra che i mesoni nascondano uno dei più interessanti segreti dell’universo, quello dell’antimateria: quando, 13 miliardi e mezzo di anni fa, l’universo ebbe inizio con il Big Bang, la quantità di materia e antimateria prodotta era uguale. Ma oggi il nostro universo è formato quasi esclusivamente dalla sola materia: dov’è finita tutta l’antimateria? Ora, quando elettroni e positroni si scontrano, non nascono solo mesoni B, ma anche i loro compagni oscuri, gli anti-B. Ebbene, i primi esperimenti negli acceleratori hanno dimostrato che i mesoni B decadono in maniera diversa dai mesoni anti-B. C’è qualcosa che non va, e si chiama asimmetria: materia e antimateria non si comportano in maniera simmetrica. Questa violazione della simmetria venne studiata da alcuni fisici che per comprenderla elaborarono un modello matematico noto come matrice CKM, dalle iniziali di Cabibbo, Kobayashi e Maskawa, che l’avevano proposta. Mentre gli ultimi vennero per tale motivo insigniti del premio Nobel per la fisica nel 2008, l’italiano Nicola Cabibbo rimase misteriosamente a bocca asciutta. A lui sarà perciò intitolato il SuperB.
Ma c’è un’altra simmetria che l’acceleratore SuperB, insieme a LHC, potrà verificare. Per gli amici si chiama SUSY ma, per tutti gli altri, è la supersimmetria (Super SYmmetry): una teoria matematicamente raffinata ma di cui non si è ancora trovata conferma sperimentale. Essa prevede una simmetria totale tra le due grandi famiglie di particelle, i fermioni e i bosoni. Prima abbiamo parlato dei leptoni e degli adroni: quella è una classificazione delle particelle in base alla massa. Viceversa, esiste una classificazione ancora più grande, definitiva, per tutte le particelle: i fermioni sono i mattoni della materia, ossia gli elettroni, i protoni, i neutroni (e i quark che li compongono); i bosoni sono invece le particelle che veicolano le quattro grandi forze della natura (elettromagnetica, nucleare forte, nucleare debole, gravità).
Secondo la teoria SUSY, ogni bosone possiede un fermione corrispondente. Sembra semplice, ma in realtà affinché la teoria regga sono state previste parecchie particelle che non esistono in natura e che solo gli acceleratori più potenti potrebbero osservare. E, detto per inciso, finora non sono state osservate. Secondo i teorici, le asimmetrie del decadimento del mesone B e anti-B potrebbero essere spiegate attraverso l’interazione di particelle supersimmetriche non ancora osservate. Per questo, gli esperimenti del SuperB serviranno a chiarire questi dubbi.
Molti, per la verità, cominciano a credere che SUSY andrà presto in pensione. La teoria della supersimmetria non sta reggendo alla prova di LHC; se non reggerà neanche a SuperB, se cioè non saranno trovate prove dell’esistenza di queste particelle, allora la teoria dovrà essere abbandonata. I fisici sono forse ancora più emozionati da questa prospettiva: significherebbe iniziare a lavorare su nuove e più sorprendenti teorie capaci di descrivere perché l’universo è come lo vediamo.