Tumore al colon retto, ricercatrice italiana mette a punto una nuova tecnica di diagnosi precoce
Si chiama Surface Plasmon Resonance Imaging (Spri) ed è stata messa a punto da una ricercatrice dell’Università di Catania, Noemi Bellassai, per la diagnosi precoce del tumore al colon retto. La tecnica è stata sviluppata nell’ambito del progetto Ultraplacad e la ricercatrice – che ha utilizzato la metodica per la propria tesi di dottorato in Scienze Chimiche – è stata premiata con la Medaglia Leonardo da Vinci 2020, il riconoscimento promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e assegnato dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane al fine di valorizzare a livello internazionale le competenze e le capacità del capitale umano, dell’alta formazione e della ricerca italiana.
La tecnica basa il suo approccio sull’analisi molecolare del sangue periferico (biopsia liquida), permettendo di identificare in modo non invasivo e altamente sensibile i biomarcatori di quello che è uno dei tumori più insidiosi. “La scoperta di mutazioni genomiche nei biomarcatori tumorali circolanti – ha spiegato la ricercatrice – ha incentivato sempre più lo sviluppo di piattaforme molecolari in grado di analizzare biomolecole d'interesse direttamente nel sangue periferico di pazienti allo stadio iniziale del tumore”.
Oltre ad implicare una diagnosi certamente meno invasiva della colonscopia, il nuovo approccio potrà determinare un miglioramento delle attività di controllo clinico nelle fasi post-operatorie e dopo i trattamenti terapeutici con una notevole riduzione dei costi. “E consentire di definire un nuovo modello di tecnologia di frontiera in ambito clinico” ha aggiunto Bellassai.
Nello specifico, la ricercatrice ha messo a punto “un biosensore plasmonico integrato ad un circuito microfluidico e a nanostrutture funzionalizzate per la rivelazione ultrasensibile di mutazioni puntiformi presenti nella sequenza del gene kras, riconosciuto come target molecolare circolante nel sangue periferico di pazienti sospetti o già affetti da cancro al colon-retto”, superando ostacoli e limitazioni delle tecniche diagnostiche ad oggi disponibili in quanto la tecnica non ha richiesto l’uso né di marcatori fluorescenti né di protocolli di amplificazione della sequenza di Dna da identificare.