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Stiamo massacrando i mammiferi: la Terra si riprenderà solo tra 3-5 milioni di anni

Ricercatori danesi e svedesi hanno stimato che saranno necessari dai 3 ai 5 milioni di anni per recuperare le specie di mammiferi che spariranno nei prossimi 50 anni a causa nostra. Se invece si volesse tornare alla varietà della biodiversità prima dell’avvento dell’uomo moderno servirebbero 7 milioni di anni.
A cura di Andrea Centini
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Nei prossimi 50 anni si estingueranno talmente tante specie di mammiferi a causa nostra che la Terra impiegherà dai 3 ai 5 milioni di anni per recuperare la biodiversità perduta. Questo scenario drammatico non è il peggiore ipotizzabile, ma il migliore che ci possa capitare. In pratica, se l'umanità dovesse prendere coscienza dei gravissimi danni che sta causando al pianeta, e riuscisse a mettere un “freno” alla sesta estinzione di massa in atto con misure per preservare le specie in pericolo, allora dovremo aspettare fino a 5 milioni di anni per veder rifiorire una biodiversità analoga a quella che abbiamo oggi. Se invece volessimo riottenere la stessa varietà di mammiferi presenti prima dell'evoluzione dell'essere umano moderno, responsabile dell'estinzione di tantissime specie (come ad esempio il mammut e altri rappresentanti della “megafauna”), allora l'attesa arriverebbe a 7 milioni di anni.

A suggerire questi dati un team di ricerca internazionale composto da studiosi del Centro BIOCHANGE dell'Università di Aarhus, Danimarca, e del Dipartimento di Scienze Biologiche e Ambientali dell'Università di Göteborg (Svezia). Per giungere a questa conclusione gli scienziati coordinati dal professor Matt Davis hanno raccolto i dati su 4.500 specie di mammiferi – sia estinte che viventi – contemporanee all'Homo sapiens, tenendo in considerazione fattori come le dimensioni, i rapporti evolutivi e le stime sui tassi di estinzione previsti per i prossimi 50 anni. Facendo elaborare tutti i dati da supercomputer è emerso lo scenario drammatico sopraindicato: le specie si stanno estinguendo a un ritmo talmente veloce a causa nostra che il naturale rimpiazzo evolutivo impiegherà milioni e milioni di anni prima ridonare alla Terra una biodiversità “completa”.

Se pensiamo che secondo una recente indagine dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) nei prossimi cento anni si estinguerà il 99,9 percento delle specie in pericolo critico di estinzione e il 67 percento di quelle in via di estinzione, le generazioni future avranno un mondo decisamente più povero sotto il profilo dal punto di vista faunistico. Gli studiosi danesi e svedesi, analizzando i dati ottenuti, hanno osservato che alcune specie hanno un impatto differente nella perdita della biodiversità. Davis e colleghi hanno fatto l'esempio dei toporagni e delle tigri dai denti a sciabola o smilodonti: dei primi ne esistono centinaia di specie, e nel caso se ne dovessero estinguere un paio il gruppo tassonomico non sparirebbe. Di tigri dai denti a sciabola ne esistevano invece soltanto quattro specie, trattandosi di animali evolutivamente molto specializzati. Con la loro estinzione un intero ramo evolutivo è stato abbattuto; oggi si corre lo stesso rischio con la possibile scomparsa di elefanti, rinoceronti, balene e altri grandi animali, concentrati in un numero molto esiguo di specie. Per questo Davis e colleghi suggeriscono di concentrare le attenzioni principalmente sulle specie chiave per la biodiversità. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.

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