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Spiaggiamento di massa in Australia: arenati 270 cetacei, 90 sono già morti

In Tasmania, uno Stato insulare dell’Australia, è corsa contro il tempo per salvare un grande gruppo (pod) di globicefali che si è spiaggiato lungo la costa occidentale. Dei 270 esemplari arenati in 90 sono già deceduti, mentre in 25 sono stati salvati dai soccorritori. Si sta facendo il possibile per aiutare i cetacei superstiti.
A cura di Andrea Centini
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Tra lunedì 21 e martedì 22 settembre un gruppo di 270 globicefali – conosciuti anche come “balene pilota” – si è arenato lungo la costa della Tasmania occidentale, in Australia. A causa dello spiaggiamento 90 esemplari sono già morti, mentre in 25 sono stati salvati dai soccorritori giunti sul posto. Questi grandi cetacei, che raggiungono i 7 metri di lunghezza per 3 tonnellate di peso, possono sopravvivere fino a 3 – 4 giorni dopo lo spiaggiamento, per questo decine di volontari stanno facendo il possibile per provare a salvare gli esemplari ancora vivi.

Come sottolineato alla BBC dal dottor Kris Carlyon, biologo della fauna selvatica specializzato in mammiferi marini, si stanno coordinando i soccorsi per aiutare con priorità gli animali che hanno maggiori probabilità di farcela. Quelli troppo grandi, pesanti e spiaggiatisi nelle zone meno accessibili sono quelli più a rischio, proprio perché risulta molto difficile imbragarli e trascinarli in acque più profonde. A differenza degli spiaggiamenti di massa avvenuti in passato, tuttavia, in questo caso una parte degli animali non è finita direttamente sulla spiaggia, ma è semi-sommersa in acque basse. In questa situazione i cetacei hanno maggiori probabilità di sopravvivere; sul bagnasciuga normalmente muoiono per soffocamento, a causa del loro stesso peso, mentre così riescono a respirare meglio e la pelle resta costantemente fresca e bagnata.

La maggior parte degli animali è concentrata a Macquarie Harbour, a circa 200 chilometri di distanza a nord-ovest di Hobart, la capitale della Tasmania, mentre una trentina di globicefali si trova a Ocean Beach. Alcuni purtroppo sono in aree molto difficili da raggiungere. Come indicato, i 60 volontari impegnati nei soccorsi hanno già portato in salvo 25 esemplari, anche con l'aiuto di imbarcazioni per impedire che tornino di nuovo verso la spiaggia; è uno dei rischi maggiori nei casi di spiaggiamento. I soccorritori stanno indossando pesanti mute da sub e si alternano per evitare l'ipotermia, a causa dell'acqua gelata. Le autorità stanno chiedendo ai cittadini di tenersi lontani dall'area dell'incidente, poiché c'è già un numero sufficiente di soccorritori.

Gli spiaggiamenti di massa sono ancora oggi uno dei grandi misteri della biologia. È noto che in questa parte del mondo avvengono con una maggiore frequenza: tra le possibili cause vi sono la peculiare geografia dei fondali, caratterizzati da acque molto basse; le maree e l'inseguimento da parte dei predatori. Una delle ipotesi più probabili è che il gruppo possa seguire un leader malato o ferito, che si trascina verso riva. Questi animali sono infatti animali estremamente sociali. Gli scienziati pensano anche a un coinvolgimento delle attività solari in grado di influenzare il campo magnetico terrestre (che influenza le migrazioni di molti animali), l'uso dei sonar militari e le perforazioni per l'estrazione di gas, che si ritiene siano responsabili della morte di centinaia di zifidi, un gruppo di cetacei che vive in acque profonde.

L'ultimo spiaggiamento di massa verificatosi in Tasmania risale al 2009, quando furono coinvolte oltre 200 globicefali, mentre in Nuova Zelanda ci sono stati due grandi eventi nel 2017 e nel 2018; il primo coinvolse oltre 400 cetacei, il secondo poco meno di 150. Una parte degli animali fu soppressa con l'eutanasia poiché era impossibile salvarli.

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