SETI: “Nessun segnale extraterrestre da 86 sistemi stellari”
Lo “strano silenzio” dell’universo continua. Il SETI, l’organizzazione privata che lavora per individuare segnali intelligenti di natura extraterrestre, ha annunciato la conclusione della prima survey sistematica di radiosservazione su 86 sistemi stellari. Da quando, negli ultimi anni, la sonda Kepler in orbita eliocentrica ha scoperto a ritmi crescenti un elevato numero di stelle candidate a ospitare esopianeti, e tra questi pianeti simili alla Terra (con composizione e massa simili al nostro mondo, e all’interno della fascia di abitabilità che li rende adatti alla vita), si erano moltiplicate le pressioni affinché il SETI avesse la possibilità di scandagliare le emissioni nella banda radio provenienti da tali stelle, in cerca di possibili trasmissioni prodotte da civiltà intelligenti. Per il momento, tuttavia, l’esito è negativo: nessun messaggio da E.T.
Nessuna sorpresa – “Non è affatto una sorpresa”, confessa l’ex capo del SETI, l’astronoma Jill Tarter (che aveva ispirato il personaggio interpretato da Jodie Foster nel film Contact tratto dall’omonimo romanzo di Carl Sagan). Cercare segnali radio intelligenti nell’universo è come cercare un ago in un pagliaio: non è possibile sapere a che frequenza esatta possano trovarsi trasmissioni artificiali, né soprattutto se eventuali civiltà aliene utilizzino le onde radio per trasmettere informazioni come facciamo noi. Come ha infatti ipotizzato un altro esponenti di spicco del SETI, il fisico e astrobiologo Paul Davies, civiltà molto avanzate potrebbero avere da tempo abbandonato questa primitiva forma di comunicazione. Anche noi, del resto, dopo aver iniziato a trasmettere con le onde radio dai tempi di Marconi, stiamo gradualmente abbandonando questo metodo ed è plausibile che entro un centinaio di anni la Terra non produrrà più emissioni radio capaci di viaggiare nello spazio ed essere intercettate da altre civiltà.
Segnali "sospetti" – Nello specifico, tra febbraio e aprile 2011, il SETI ha utilizzato il radiotelescopio di Green Bank in West Virginia per scansionare le emissioni radio provenienti da 86 stelle che, secondo i dati di Kepler, potrebbero ospitare pianeti come il nostro, dove la vita potrebbe essersi sviluppata. In 52 casi sono stati individuati segnali molto deboli, inferiori a 5 Hz, nella banda 1-2 GHz, quella per intenderci dei cellulari e delle trasmissioni televisive, di chiara origine artificiale, dato che nessun fenomeno naturale può produrre emissioni a quella frequenza. Tuttavia, l’analisi ha dimostrato trattarsi del prodotto di interferenze di fonti artificiali terrestri. Niente alieni, dunque. Lo studio, che è in corso di pubblicazione sull’Astrophysical Journal, riduce a meno dell’1% le possibilità che i sistemi stellari analizzati siano abitati da civiltà che comunicano con trasmissioni radio.
Una possibilità su un milione – Secondo gli esperti del SETI, i numeri sono troppo piccoli per portare a conclusioni rilevanti. Una civiltà intelligente contemporanea alla nostra sarebbe piuttosto rara, calcoli alla mano potrebbe essercene una per ogni milione di stelle. Ciò rende comunque altissimo il numero di potenziali civiltà extraterrestri nella galassia, ma anche molto difficile riuscire a individuare i pianeti giusti dove andare ad ascoltare. Recentemente, gli scienziati hanno suggerito altri metodi per individuare segnali dell’esistenza degli alieni. Ipotizzando che tali civiltà siano più avanzate della nostra, e che abbiano dunque abbandonato da tempo le trasmissioni radio, potremmo trovare tracce di ingegneria su scala stellare: per esempio segnali dell’esistenza delle “sfere di Dyson”, che secondo il fisico Freeman Dyson verrebbero costruite da civiltà molto avanzate per sfruttare direttamente l’energia del Sole, attraverso un guscio artificiale che copre la stella. Tali sfere emetterebbero radiazione infrarossa con tracce specifiche che potrebbero essere individuate sulla Terra. Forse, quindi, non intercetteremo mai le telefonate di E.T., ma potremo scoprire che i loro telefoni sono ben diversi dai nostri.