Sequenziato per la prima volta il genoma umano completo
Un nuovo storico traguardo, raggiunto grazie al vantaggio di metodi affinati da oltre 20 anni di ricerche, quello tagliato dal Telomere-2-Telomere Consortium, il team di ricerca internazionale che per la prima volta è riuscito a sequenziare il genoma umano completo, arrivando a leggere alcune delle regioni del DNA rimaste finora irrisolte, come le duplicazioni segmentali, ovvero alcuni blocchi di sequenze ripetute che finora hanno ospitato frammenti inesplorati e di conseguenza sconosciuti.
Il team, guidato da Adam Phillippy del National Humane Genome Research Institute di Bethesda, nel Maryland, e da Karen Miga del Genomics Institute dell’University della California a Santa Cruz, ha così affrontato il restante 8% del genoma finora non risolto, determinando la sequenza completa di 3.055 miliardi di paia di basi che, spiegano i ricercatori nello studio pubblicato sul server di prestampa BioRiV, rappresentano “il più grande miglioramento del genoma umano dalla sua pubblicazione iniziale”. Per il sequenziamento, gli studiosi hanno utilizzato il DNA di una linea cellulare umana chiamata CHM13, ottenuta dai tessuti derivati da una fecondazione di ovulo non riuscita, per cui, ha sottolineato il team di ricerca, non vi sono i presupposti per problemi etici.
Nel complesso, il sequenziamento delle regioni irrisolte ha portato all’identificazione di 63.944 geni rispetto ai 60.090 dell’ultimo risultato raggiunto nel 2019. Quanto alle duplicazioni segmentali, descritte in uno studio correlato e pubblicato in pre-print sempre su BioXRiv, il sequenziamento ha rivelato che queste strutture “rappresentano quasi un terzo della sequenza aggiuntiva, aumentando la stima dell’interno genoma dal 5,4% al 7% (218 milioni di coppie di basi)” e che le stesse “mostrano una maggiore diversità di variazione del singolo nucleotide rispetto alle regioni uniche”.
“La comprensione delle duplicazioni segmentali – ha affermato Evan Eichler di Department of Genome Sciences della School of Medicine dell’Università di Washington che ha coordinato questo secondo studio – è fondamentale perché alcune di queste sono alla base dei disordini genetici”.
In un terzo studio, infine, il team di ricerca ha esaminato la metilazione del DNA, un importante regolatore dei processi di espressione genetica nelle cellule eucariote, per comprendere quali sono le regioni che vengono maggiormente attivate o disattivate attraverso questo meccanismo epigenetico. “Quando si sviluppano neoplasie – ha spiegato Winston Timp della Johns Hopkins University di Baltimora che ha guidato lo studio sullo schema epigenetico nel genoma sequenziato – si possono verificare alterazioni a livello di interi cromosomi. A lungo termine, la comprensione dei meccanismi che determinano la divisione cellulare e del ruolo che potrebbe svolgere la metilazione potrebbe indicare la strada verso nuovi trattamenti contro il cancro”.