Sempre più stretti: l'umanità sfonda quota 7 miliardi
Anche se non esiste nessun censimento mondiale capace di accertarlo con esattezza, le stime demografiche assicurano che entro il 31 ottobre 2011 il numero di esseri umani viventi sulla Terra supererà la quota dei 7 miliardi. Ciò avviene solo dodici anni dopo il raggiungimento dei 6 miliardi, nel 1999, e venticinque anni dopo aver superato quel traguardo che a molti sembrava fatidico, 5 miliardi (nel 1987). Per contro, abbiamo dovuto aspettare l’alba del XIX secolo per vedere l’umanità toccare per la prima volta il numero di 1 miliardo di abitanti. Certo, le stime demografiche dei decenni scorsi, spaventosamente pessimistiche, sono state in parte smentite. Ma la sovrappopolazione è un problema, soprattutto nelle aree più disagiate del pianeta. E per quanti sforzi potremo fare per risollevare le sorti dei paesi più poveri, fin tanto che la loro crescita demografica continuerà a questi ritmi sarà impossibile ridurre la povertà. Farlo vorrebbe dire consumare almeno il doppio delle risorse che la Terra riesce a produrre ogni anno.
Le prospettive demografiche fino al 2100
[quote|left]|Tra dodici anni supereremo quota 8 miliardi, per arrivare a 9 miliardi intorno al 2050 e a 10 miliardi nel 2100.[/quote]Quest’anno nel mondo nasceranno approssimativamente 135 milioni di persone e ne moriranno 57: la popolazione aumenterà quindi di quasi 78 milioni di abitanti in un solo anno. Secondo le stime della Columbia University, tra dodici anni supereremo quota 8 miliardi, per arrivare a 9 miliardi intorno al 2050 e a 10 miliardi nel 2100. Questa proiezione, confermata anche dall’ONU, sembra prospettare comunque uno scenario ottimistico: la crescita della popolazione infatti dovrebbe rallentare sempre di più a partire dal prossimo decennio. Il trend che si sta ormai affermando in Europa e negli Stati Uniti, e che vede i paesi più ricchi fare i conti con la stasi della natalità e in alcuni casi (come l’Italia) con un saldo negativo tra nati e morti, sarà “esportato” anche nel Terzo mondo, la vera bomba demografica di questo secolo.
L’umanità dovrebbe quindi raggiungere il suo picco alla fine del XXI secolo, iniziando poi un lento declino. Prima che ciò accada, tuttavia, per ogni cittadino europeo ci saranno almeno 5 cittadini provenienti dall’Africa sub-sahariana, molti dei quali emigreranno verso l’Europa. Una realtà che avrà un impatto geopolitico inimmaginabile, ma che economicamente potrebbe rappresentare anche un guadagno per l’Occidente: con l’Europa che, entro la metà del secolo, dovrà fare seriamente i conti con il calo della natalità, solo l’immigrazione potrà dare slancio all’economia.
Non solo Africa, tuttavia. Entro il 2050 l’India supererà definitivamente la Cina come paese più popoloso del mondo: mentre la Cina, lentamente, proseguirà il suo percorso di riduzione delle nascite, calando a 1,3 miliardi di abitanti, l’India – che invece non adotta politiche di controllo della natalità – passerà dagli attuali 1,2 miliardi a 1,7. Ma attenzione, scrive David Bloom, docente di economia e demografia ad Harvard in uno studio pubblicato su Science: queste stime possono variare anche significativamente. L’adozione di politiche contraccettive nel Terzo mondo può garantire una significativa riduzione della crescita mondiale, portando già nel 2050 a un drastico calo della popolazione, destinata a scendere a poco più di 6 miliardi di abitanti entro la fine del secolo. Viceversa, un aumento dell’attuale trend della natalità, soprattutto in Africa, potrebbe rendere lo scenario assai peggiore, con una popolazione mondiale che supererebbe i 15 miliardi nel 2100.
Tutti a Zanzibar?
Secondo un celebre calcolo di Isaac Asimov, se il peso totale dell’umanità raddoppierà ogni 35 anni, come sembrano suggerire le tendenze attuali, nel 3530 il peso totale dell’umanità sarà uguale a quello dell’intero pianeta. Una situazione ovviamente impossibile, perché la Terra non potrebbe sostenerla; ma anche ipotizzando, come faceva Asimov, che l’umanità si sparga nel cosmo, al ritmo attuale di crescita la popolazione umana raggiungerebbe nel 6800 d.C. il peso totale dell’universo noto. Fantascienza? Non esattamente.
Quando, agli inizi del XX secolo, un famoso detto che girava sui giornali sosteneva che l’intera popolazione umana poteva essere ospitata tutta sulla superficie dell’isola di Wight, larga 381 chilometri quadrati, qualcuno si impressionò. Nel 1968 lo scrittore John Brunner sostenne che la popolazione dell’epoca, 3 miliardi e mezzo di esseri umani, si sarebbe dovuta “spostare” tutta sulla più larga isola di Man (572 chilometri quadrati); e scrisse un romanzo divenuto celebre in cui prevedeva che nel 2010 l’umanità, raggiunta quota 7 miliardi, si sarebbe potuta pigiare tutta sull’isola di Zanzibar (1554 chilometri quadrati). Il romanzo s’intitolava Tutti a Zanzibar e, per quanto fosse fantascienza, sbagliò di un solo anno le sue previsioni.
L'invecchiamento della popolazione
[quote|left]|Entro il 2065, il numero di ultra-65enni supererà per la prima volta quello degli under-15 in tutto il mondo.[/quote]L’urbanizzazione dovrebbe proseguire inarrestabile, con il 65% della popolazione mondiale concentrata nelle aree urbane entro il 2050. Ma alle grandi megalopoli si preferiranno le città più “a misura d’uomo”: secondo Joel Cohen, docente di demografia della Columbia Univeristy, per i prossimi quarant’anni vedremo sorgere nuove città da un milione di abitanti al ritmo di una ogni cinque anni. La popolazione di questa e delle altre città sarà sempre più anziana: entro il 2065, il numero di ultra-65enni supererà per la prima volta quello degli under-15 in tutto il mondo.
L’aumento della speranza di vita, soprattutto nei paesi occidentali, sarà accompagnato da un inesorabile invecchiamento della popolazione, un fenomeno che già oggi rischia di schiacciare le nuove generazioni. Nel nuovo modello di società che emergerà, i giovani trascorreranno nella casa dei genitori i primi trent’anni, quando finalmente inizieranno ad affacciarsi al mercato del lavoro, per andare in pensione non prima dei settant’anni. Per allora, la speranza di vita in Occidente – che oggi è intorno agli 80 anni – potrebbe raggiungere i 90 anni, qualora le principali piaghe della salute umana nei paesi sviluppati, il cancro e le malattie cardiovascolari, vengano finalmente domate.
Aumento dei consumi, crisi delle risorse
Ma se il tasso di natalità è destinato a calare in tutto il mondo, la stessa sorte non toccherà ai consumi pro-capite che anzi continueranno a crescere. Le risorse per sostenere una popolazione costantemente in crescita diventeranno sempre più scarse. I problemi maggiori deriveranno dalla penuria d’acqua potabile e dalla necessità sempre maggiore di terre da destinare alla coltivazione e all’allevamento, con il risultato di aumentare il disboscamento e di conseguenza l’effetto serra nell’atmosfera. Ciò comporterà seri rischi per l’ambiente e il pericolo di una penuria energetica globale se, entro il 2100, non avremo individuato una fonte di energia sicura e illimitata, auspicabilmente con un salto tecnologico nel settore delle fonti rinnovabili o con la realizzazione della fusione nucleare. Anche così, tuttavia, se il resto del mondo si adatterà allo stile di vita occidentale non sarà comunque sufficiente tutta la Terra per venire incontro alla crescita del fabbisogno globale, a meno che la tecnologia non ci venga in aiuto.
La sfida finale sarà quindi quella della crescita sostenibile, che comporterà una svolta radicale dello stile di vita soprattutto negli Stati Uniti, i cui consumi oggi sono significativamente superiori rispetto a quelli europei. Basti pensare che il 30% degli americani soffre oggi di obesità cronica, contro l’11,3% degli europei (anche se questa percentuale sta lentamente aumentando). E mentre in Europa il consumo pro-capite di acqua è di circa 250 litri al giorno – la cifra copre naturalmente soprattutto le risorse idriche necessarie per la coltivazione e l’industria – negli Stati Uniti la cifra è più che doppia: 580 litri a persona. Di contro, la media in Mozambico è a malapena di 10 litri al giorno.
Ridurre la popolazione mondiale resta quindi un imperativo. Eppure, non dobbiamo dimenticare che, dall’altra parte, c’è un pericolo ugualmente grande: quello della crisi delle nascite. La soluzione a un mondo sovrappopolato non potrà essere un mondo vecchio con pochi figli, pena l’insostenibilità del welfare e la stasi dell’innovazione. L’umanità riuscirà a raggiungere un equilibrio che permetta di mantenere quasi in parità il numero delle nascite e delle morti? L’unico modello demografico vincente per il futuro sarà questo.