Sei miliardi di anni fa l’universo iniziò ad accelerare
Che l’universo sia in piena accelerazione, è un dato che abbiamo ormai imparato a dare per scontato da quando, nel 1996, venne per la prima volta resa nota la straordinaria scoperta, che è valsa il premio Nobel per la fisica – lo scorso anno – agli scienziati Saul Perlmutter, Brian Schmidt e Adam Riess. Ora arriva una prima “fotografia” dell’epoca in cui l’universo iniziò per la prima volta ad accelerare, spinto da una ancora misteriosa energia oscura. Un risultato importante reso noto lo scorso 3 aprile al Meeting nazionale della Royal Astronomical Society, la prestigiosa istituzione britannica che ha pubblicato i primi risultati di BOSS (Baryon Oscillation Spectroscopic Survey).
Lo spostamento verso il rosso dello spettro
Per osservare l’universo di miliardi di anni fa, BOSS impiega uno spettrografo di ultima generazione presso l’osservatorio di Apache Point, nel New Mexico. In pochi anni è stato possibile analizzare lo spettro di ben 250mila galassie, alcune lontane da noi miliardi di anni-luce, e quindi fotografate quando l’universo era molto più giovane. Uno spettrografo ha il compito di scindere la luce di queste galassie nel loro spettro – ciò che avviene facendo passare la luce attraverso un prisma e scomponendola nei diversi colori che la compongono – e verificare il suo spostamento verso il rosso. Quanto più tali spettri tendono verso il rosso, tanto più, in base all’effetto Doppler, le galassie in oggetto si stanno allontanando da noi.
“Abbiamo realizzato misurazioni di precisione della struttura a larga scala dell’universo tra i cinque e i sette miliardi di anni fa, la migliore misurazione finora realizzata in queste dimensioni di ciò che c’è al di fuori della Via Lattea”, sostiene con orgoglio David Schlegel del Lawrence Berkeley National Laboratory. “Ci stiamo spingendo fino al momento in cui l’energia oscura si accese nell’universo”. Ora si tratta di scoprire cosa provochi quest’accelerazione, ossia di cosa sia ‘fatta’ l’energia oscura.
La traccia dei barioni
BOSS utilizza una tecnica particolare, che studia le oscillazioni acustiche barioniche per determinare le distanze tra le galassie più lontane. Nell’universo primordiale, infatti, materia ed energia erano un tutt’uno, fino a un momento in cui si scissero in seguito a un’oscillazione che diede vita alla materia barionica, fatta cioè dei barioni, la famiglia di particelle di cui anche noi siamo composti. Ciò avvenne quando l’universo, inizialmente troppo caldo, si raffreddò in misura sufficiente da permettere lo sviluppo separato dei primi atomi di idrogeno e, allo stesso tempo, dei fotoni, i quanti che trasportano l’energia elettromagnetica. Allora l’universo divenne visibile perché, d’improvviso, apparve la luce. Le tracce di questa oscillazione sono impresse nella radiazione cosmica di fondo, l’eco del Big Bang, che è una radiazione a microonde presente “sullo sfondo” dell’universo e ne rivela la struttura appena 300.000 anni dopo la sua nascita. Studiando queste oscillazioni su questa sorta di immagine primordiale, possiamo stabilire le diverse epoche in cui il fenomeno è avvenuto in diverse parti del cosmo e stimare dunque la distanza tra le galassie più antiche.
Ora, confrontando le tracce delle oscillazioni barioniche “impresse” sul fondo a microonde con le galassie di cui sono espressione, alcuni miliardi di anni dopo, è possibile verificare la loro evoluzione da un periodo di circa 13 miliardi di anni a, poniamo, 8 miliardi di anni fa. Cosa è successo in quell’arco di tempo di cinque miliardi di anni che separa le tracce del fondo a microonde con la galassia di cui analizziamo lo spettro? È successo che l’espansione dell’universo, iniziata con il Big Bang, ha subito un’accelerazione: la galassia si trova più distante rispetto alla posizione prevista se l’espansione fosse proseguita sempre alla stessa velocità.
Ipotesi sull'energia oscura
L’energia oscura ha quindi cominciato ad agire non meno di sei miliardi di anni fa, ma resta il fatto che gli scienziati continuino a ignorare la sua identità. Si tratta di una forma di energia diversa da quelle conosciute, che agisce in maniera opposta alla gravità, o piuttosto è l’effetto di una diversa azione della gravità su larga scala, che potremmo comprendere solo con una nuova teoria della gravità, che corregga quelle di Newton ed Einstein? Oggi gli scienziati parlano genericamente di una “costante cosmologica” per definire l’energia oscura. È un termine coniato per la prima volta dallo stesso Einstein, che sull’accelerazione dell’universo non ne sapeva niente. È considerata la soluzione più semplice, perché prevede che quest’energia provenga letteralmente dal vuoto che “riempie” gli abissi cosmici. Ma non è detto che questa sia l’ipotesi più giusta.
“Sulla base delle limitate osservazioni dell’energia oscura da noi compiute finora, la costante cosmologica può essere la spiegazione più semplice, ma in verità la costante cosmologica non è stata testata. Si concilia con i dati, ma in realtà abbiamo davvero pochi dati. Abbiamo appena iniziato a esplorare le epoche in cui l’energia oscura si accese. Se ci sono sorprese da quelle parti, ci aspettiamo di trovarle”, assicura Schlegel. Sorprese che potrebbero ancora una volta sconvolgere la nostra concezione dell’universo in cui viviamo.