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Scoperto un tessuto del corpo umano dove il coronavirus non è in grado di replicarsi

Lo hanno identificato i ricercatori della Washington University osservando che il virus Sars-Cov-2 non è in grado di infettare la cornea umana. La resistenza di questo tessuto è probabilmente regolata da un distinto percorso antivirale la cui completa identificazione richiederà ulteriori studi.
A cura di Valeria Aiello
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Il coronavirus Sars-Cov-2 non è in grado di infettare la cornea umana. Lo hanno scoperto i ricercatori della Washington University di St. Louis osservando che la cornea, il tessuto che riveste la superficie anteriore dell’occhio, ha dimostrato di poter resistere all’infezione da coronavirus. Per arrivare a questa conclusione, gli studiosi hanno testato in laboratorio le membrane corneali ottenute dal Mid-America Transplant Institute, uno dei principali centri statunitensi che si occupa di facilitare il processo di donazione di organi e tessuti nel Missouri.

Scoperto un tessuto del corpo umano dove il coronavirus non è in grado di replicarsi

In particolare, gli studiosi hanno utilizzato il tessuto corneale di 25 donatori risultato inadatto al trapianto, esponendo questo tessuto oculare a tre diversi virus: Sars-Cov-2, il virus Zika e il virus dell’herpes simplex 1 (HSV-1). I test di laboratorio hanno rivelato che sia il virus Zika sia il virus dell’herpes simplex 1 erano in grado di replicarsi nel tessuto corneale al contrario di Sars-Cov-2 che ha mostrato di non riuscire a infettare questo tessuto.

Nonostante sia noto che la cornea come il tessuto congiuntivale abbiano recettori per Sars-Cov-2, nel nostro studio abbiamo scoperto che il nuovo coronavirus non è in grado di replicarsi nella cornea – ha affermato Rajendra Apte, oftamologo e autore senior della ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Reports  – . I dati suggeriscono che Sars-Cov-2 sembra non essere in grado di penetrare all’interno della cornea”.

Riguardo ai meccanismi biologici che possono determinare la resistenza del tessuto corneale umano nei confronti del nuovo coronavirus, il gruppo di lavoro ha individuato un potenziale inibitore molecolare, chiamato interferone lamba, capace di favorire la replicazione virale di HSV-1 e del virus Zika ma non di Sars-Cov-2. In tal senso, i ricercatori hanno ipotizzato che la resistenza della corea umana al coronavirus sia “probabilmente regolata da un distinto percorso antivirale” la cui completa identificazione richiederà ulteriori studi.

In altre parole, nonostante questa nuova ricerca suggerisca che il tessuto corneale possa essere effettivamente resistente all’infezione di Sars-Cov-2, l’utilizzo di dispositivi di protezione come visiere e occhiali protettivi indossati dagli operatori sanitari non dovrà essere abbandonato fino a quando non sarà completamente chiaro di cosa è capace o meno il coronavirus. “In futuro potremo scoprire che i dispositivi di protezione per gli occhi non sono necessari per evitare l’infezione ma i nostri studi sono ancora in una fase iniziale – ha puntualizzato Jonathan Miner, microbiologo e autore principale della ricerca – . Pertanto è importante continuare a utilizzare le protezioni indicate dalle autorità sanitarie e adottare tutte le precauzioni appropriate”.

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