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Scoperto paradiso perduto di 100mila anni nel cuore della foresta pluviale messicana

Affacciata sulle sponde del fiume San Pedro Martir, che scorre tra il Guatemala e lo Stato di Tabasco in Messico, sopravvive una spettacolare foresta di mangrovie, un insieme di organismi vegetali che normalmente vive affacciato su mari e oceani. Gli scienziati hanno scoperto che si tratta di un mondo perduto risalente all’ultimo periodo interglaciale, più di 100mila anni fa.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Octavio Aburto
Credit: Octavio Aburto

Le foreste di mangrovie o mangrovieti sono un insieme di alberi e arbusti che hanno la spiccata capacità di resistere alla salinità e alle maree. Sono biomi caratteristici delle coste tropicali e subtropicali, spesso incastonate in paesaggi naturali mozzafiato caratterizzati da una meravigliosa e variegata biodiversità. Non c'è da stupirsi che i mangrovieti sono contemplati tra gli ecosistemi marini più preziosi, delicati e affascinanti del nostro pianeta. È incredibile pensare che un mangrovieto si trova a oltre 200 chilometri dalla costa, nel cuore della foresta pluviale della penisola dello Yucatan (Messico) e affacciata su un fiume. Studiandone approfonditamente le diverse caratteristiche, gli scienziati hanno determinato che si tratta di un vero e proprio paradiso perduto, un relitto vivente risalente al periodo interglaciale e rimasto intrappolato per centomila anni in un luogo che naturalmente non gli apparterrebbe.

A descrivere la meravigliosa foresta di mangrovie dello Yucatan è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'autorevole Scripps Institution of Oceanography dell'Università della California di San Diego (Stati Uniti), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Divisione Accademica di Scienze Biologiche dell'Università Autonoma Juarez di Tabasco (Messico), del Dipartimento di botanica e scienze delle piante dell'Università della California di Riverside, del Dipartimento di Ecologia e Biologia Evolutiva dell'Università della California di Los Angeles e del Programma di Conservazione degli Ecosistemi Terrestri di Pronatura Noroeste. Gli scienziati, coordinati dal professor Octavio Aburto-Oropeza, docente di Ecologia Marina presso la Divisione di ricerca e biodiversità marina dell'istituto californiano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto indagini genetiche, geologiche botaniche e sulle variazioni dei livelli del mare nella regione interessata.

Dalle analisi è emerso che la foresta di mangrovie rosse (Rhizophora mangle) affacciata sul fiume San Pedro Martir è strettamente imparentata con una mangrovia trovata nella laguna di Términos nel Golfo del Messico, il che suggerisce che un tempo avevano un antenato comune. Secondo gli studiosi il mangrovieto è un relitto del periodo interglaciale, quando le calotte glaciali erano fuse e il mare era dai 6 ai 9 metri più alto di adesso. Circa 125mila anni fa si ritiene che la costa si spingeva proprio fino dove scorre oggi il fiume San Pedro Martir, che scorre dal Guatemala alla Stato di Tabasco in Messico. Quando è iniziata la glaciazione e i mari si sono ritirati, la foresta di mangrovie che viveva lì un tempo è riuscita a sopravvivere nonostante l'assenza dell'acqua salata, sopravvivendo fino ad oggi come paradiso perduto e adattandosi all'acqua dolce. “Questa scoperta è straordinaria”, ha dichiarato in un comunicato stampa il coautore dello studio Felipe Zapata dell'UCLA. “Non solo le mangrovie rosse sono qui con le loro origini impresse nel DNA, ma l'intero ecosistema lagunare costiero dell'ultimo interglaciale ha trovato rifugio qui”, ha aggiunto l'esperto.

Gli scienziati sono sicuri che faranno altre scoperte straordinarie su questo meraviglioso mondo preistorico, che potrebbe aiutarci a capire come reagiranno in futuro gli ecosistemi a causa dell'innalzamento del livello del mare catalizzato dai cambiamenti climatici. I dettagli della ricerca “Relict inland mangrove ecosystem reveals Last Interglacial sea levels” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.

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