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Scoperti tre diversi sottotipi di Alzheimer: “Malattia più complessa di quanto finora creduto”

Li hanno identificati e caratterizzati i ricercatori della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, analizzando le sequenze di Rna trascritte in quattro regioni del cervello. L’indagine ha rivelato tre principali sottotipi molecolari della malattia, aprendo la strada allo sviluppo di terapie mirate.
A cura di Valeria Aiello
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L’Alzheimer, a lungo considerata una forma di demenza causata da una singola malattia, è in realtà una patologia più eterogenea di quanto finora creduto. La spiegazione arriva dai ricercatori della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York che si sono interrogati sul perché, ad esempio, circa un terzo dei pazienti con diagnosi clinica di Alzheimer non presenta i tipici accumuli di peptide beta-amiloide (Aβ) nelle cosiddette placche neuritiche e sul motivo per cui molte persone con diagnosi di Alzheimer alla biopsia post-mortem non mostrano segni di deterioramento cognitivo.

Queste differenze hanno portato gli studiosi a investigare sull’eterogeneità della malattia e a identificare tre principali sottotipi di Alzheimer, ognuno dei quali distinto da un diverso profilo molecolare. Per arrivare alla loro caratterizzazione, gli studiosi hanno analizzato un totale di 1.543 trascrittomi, ovvero le sequenze di Rna trascritte a partire dal genoma, provenienti da quattro diverse regioni del cervello di pazienti con malattia di Alzheimer per i quali è stata possibile l’analisi post-mortem.

“Tre sottotipi distinti, servono terapie mirate”

I risultati dell’indagine, pubblicati nel dettaglio sulla rivista scientifica Science Advances, indicano che i tre principali sottotipi molecolari corrispondono a differenti combinazioni di molteplici vie di disregolazione, come la suscettibilità alla neurodegenerazione tau-mediata, la neuroinfiammazione β-amiloide, la segnalazione sinaptica, l’attività immunitaria, l'organizzazione dei mitocondri e la mielinizzazione. “Questi sottotipi – spiegano gli studiosi – sono tutti indipendenti dall’età e dalla gravità della malattia e le loro firme molecolari presenti anche in tutte le regioni del cervello, ma soprattutto nell’ippocampo, che è in gran parte associata alla formazione dei nuovi ricordi”. I ricercatori hanno inoltre osservato che le differenze di proteine Aβ e tau non hanno permesso di descrivere completamente i diversi sottotipi, suggerendo che “è più probabile che l’accumulo di Aβ e tau siano spesso mediatori o gli effetti finali della neurodegenerazione e dell’infiammazione, indipendentemente dal carico ippocampale”.

Pertanto, concludono i ricercatori, la caratterizzazione dei diversi sottotipi nei pazienti può rappresentare un passo fondamentale verso lo sviluppo di terapie mirate. “Avendo firme trascrittomiche molto diverse, i differenti sottotipi probabilmente richiederanno trattamenti specifici dal momento che molti regolatori chiave presentano direzioni opposte, per cui è anche possibile che i farmaci che riducono i sintomi di Alzheimer in un sottotipo possano esacerbarli in un altro”.

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