Il sogno di Umberto Veronesi: sconfiggere il cancro
Umberto Veronesi, morto oggi a Milano all'età di 91 anni, era l'oncologo italiano più conosciuto e più seguito del nostro Paese ed era anche il medico che, per tutta la sua carriera, si è impegnato a combattere il male dei nostri tempi: il cancro. Questa malattia ad oggi ancora non è stata sconfitta, anche se molto è stato fatto per ridurne il numero di vittime, ma, come Veronesi ha sempre sostenuto, in futuro potrebbe non essere più un problema da affrontare.
È lui stesso ad affermare la sua convinzione in un'intervista al Corriere. L'oncologo pensa che “Ci vorranno 20, 30, 40 anni o forse più, certo io non vedrò quel giorno, ma troveremo il modo”. Effettivamente in questi anni molto è stato fatto, ci basti pensare alla vaccinazione contro il Papilloma Virus (HPV) e alle possibilità offerte dal Pap Test. Parlando sempre di tumori “femminili”, nello specifico di quello all'ovaio, Veronesi ricorda l'importanza della pillola anticoncezionale, capace di “ridurre del 90 % il numero di casi se le donne la prendessero con continuità per anni”.
La lotta al cancro parte anche, e forse sopratutto, dalla prevenzione e dalla diagnosi precoce. Queste pratiche sono utili per scovare la malattia nelle prime fasi dove è più facile che possa essere sconfitta.
Quanto invece alle cure attualmente disponibili, l'oncologo spiega come il costo dei farmaci o delle radiazioni sia ad oggi un limite, anche considerato il contesto economico in cui si trova il nostro Paese che cerca di garantire a tutti le giuste opportunità di guarigione. A questo proposito, per superare il problema del ticket, Veronesi ritiene utile suddividere la popolazione in base al reddito chiedendo a chi ha maggiore disponibilità di pagare di più.
Parlando invece di futuro, il medico sostiene che la strada da percorrere sia quella della genetica grazie alla quale potremmo scoprire come e da dove nasca il cancro e “capire quali mutazioni del Dna sono responsabili dello sviluppo della malattia e mettere a punto terapie in grado di riparare il genoma”.
Insomma, la soluzione non è dietro l'angolo, ma, almeno secondo Veronesi, possiamo comunque trovarla.