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‘Resuscitato’ il cervello di un maiale morto da 4 ore: come ci sono riusciti e perché

Gli scienziati di Yale sono riusciti a ripristinare la circolazione cerebrale e le funzioni cellulari di un cervello di maiale morto da 4 ore. Vediamo insieme come gli esperti abbiano portato a termine questa impresa, cosa significhi realmente e perché lo hanno fatto. Una simile tecnica apre infatti nuove strade nel campo della medicina.
A cura di Zeina Ayache
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Gli scienziati sono riusciti a ripristinare la circolazione e l’attività cerebrale nel cervello di un maiale che era morto da quattro ore, questo potrebbe sfidare l’ipotesi sulle tempistiche e la reversibilità della cessazione di alcune funzioni cerebrali dopo la morte. La scoperta è dei ricercatori di Yale che ci spiegano come ci sono riusciti e quali sono le implicazioni di questa ricerca.

Cervello ‘riattivato’. Gli esperti hanno preso il cervello di un maiale morto da 4 ore e, grazie ad una speciale soluzione chimica, sono riusciti a riattivare molte funzioni cellulari di base, cosa che fino ad ora si pensava fosse impossibile, poiché la morte cellulare all’interno di un cervello è generalmente considerata irreversibile e rapida. Una volta che l’ossigeno smette di arrivare al cervello e il flusso sanguigno cessa, l’attività elettrica e i segni di consapevolezza infatti scompaiono in pochi secondi.

Come ci sono riusciti. Gli scienziati hanno utilizzato il cervello di un maiale ucciso per scopi alimentari e hanno connesso i vasi del cervello ad una soluzione speciale che hanno sviluppato per preservare i tessuti cerebrali, utilizzando un sistema che hanno chiamato BrainEx, così facendo sono riusciti a preservare l’integrità delle cellule neurali e a ristabilire la funzionalità di alcuni neuroni, di cellule della glia e cellule vascolari.

Cosa significa questo studio. Ciò che innanzitutto va detto è che il cervello ‘riattivato’ non ha implicato la ripresa dello stato di coscienza, quindi non si tratta di una vera e propria ‘resurrezione’, cioè il cervello del maiale non ha ricominciato a vivere e pensare, ma si è riusciti ad intervenire solo sull’attivazione di alcune funzioni. Questa tecnica permetterà agli scienziati di studiare meglio il cervello dei mammiferi per capire di più le interazioni tra cellule e la connettività. Ovviamente la scoperta non ha applicazioni cliniche sull’essere umano, e non è chiaro se la tecnica utilizzata possa funzionare sui cervelli umani, poiché la soluzione chimica sperimentata non comprende alcuni componenti tipici del sangue umano (come le cellule del sistema immunitario), ma si spera che un giorno potrà essere d’aiuto ai medici per capire come curare il cervelli di pazienti in seguito ad ictus, oppure per testare l’efficacia di terapie innovative che mirano al recupero delle funzioni cellulari in caso di danneggiamenti.

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