Questo schema mostra come il coronavirus è passato dai pipistrelli all’uomo
Come è arrivato Sars-Cov-2 all’uomo? E quanti cambiamenti genetici sono serviti perché un virus dei pipistrelli diventasse capace di infettare gli esseri umani? La risposta a queste domande arriva da un nuovo studio pubblicato questa settimana sulla rivista Plos Biology da un team di ricerca internazionale che ha ricostruito le tappe evolutive di Sars-Cov-2, trovando prove di cambiamenti genetici abbastanza significativi prima che il patogeno arrivasse agli esseri umani e quasi nessun cambiamento evolutivo subito dopo il salto di specie.“Di solito i virus che passano a una nuove specie ospite impiegano del tempo per acquisire cambiamenti adattativi che li rendono capaci di diffondersi efficacemente e la maggior parte non riesce mai a superare questa fase – spiega il professor Sergei Pond dell’Istituto di Genomica e Medicina dell’Evoluzione della Temple University di Philadelphia, negli Stati Uniti, e co-autore principale dello studio – . Sorprendentemente, invece, Sars-Cov-2 ha apparentemente richiesto poco o nessun adattamento significativo dall’inizio della pandemia di Covid-19 e fino all’ottobre 2020”.
Le principali tappe evolutive di Sars-Cov-2
L’analisi di centinaia di migliaia di genomi virali ha infatti indicato pochissimi cambiamenti genetici “importanti” nei primi undici mesi di pandemia ma questo non significa che alcune mutazioni con significato evolutivo non si siano accumulate durante gli eventi di trasmissione. Un esempio è la mutazione che si è verificata all’inizio della pandemia, la sostituzione D614G a livello della proteina Spike che il coronavirus utilizza per legare e penetrare all’interno delle cellule umane, associata a una maggiore capacità di trasmissione. Tuttavia, indicano gli autori dello studio, nel complesso hanno dominato processi evolutivi “neutri”, una sorta di “stasi” come definita dal primo autore della ricerca, il dottor Oscar MacLean dell’MRC University di Glasgow Center for Virus Research in Scozia, attribuendo questa fase “alla natura altamente suscettibile della popolazione umana a questo nuovo patogeno, con una pressione limitata dall’immunità della popolazione e la mancanza di contenimento, portando a una crescita esponenziale che rende quasi ogni virus vincitore”.
D’altra parte, lo studio dei processi mutazionali di Sars-Cov-2 e dei Sarbercovirus (il sottogenere di virus di pipistrelli e pangolini cui appartiene anche Sars-Cov-2) ha indicato prove di cambiamenti “significativi” prima che il patogeno arrivasse agli essere umani, suggerendo la natura “generalista” di molti coronavirus e la loro apparente facilità nel passare da un ospite all’altro. Una caratteristica che ha conferito a Sars-Cov-2 la pronta capacità di infettare gli esseri umani e gli altri mammiferi con quelle proprietà che si sono evolute nei pipistrelli prima dello spillover. “Uno dei virus dei pipistrelli più simili, chiamato RmYN02, ha una struttura genomica intrigante, composta da segmenti analoghi a Sars-Cov-2 e a virus dei pipistrelli – precisano gli studiosi – . Il suo materiale genetico trasporta entrambe le firme di composizione distinte (associate all’azione dell’immunità antivirale dell’ospite), supportando questo cambiamento di ritmo evolutivo avvenuto nei pipistrelli senza la necessità di una specie animale intermedia”.
Le nuove varianti del coronavirus
Riguardo invece alle ragioni che stanno spingendo il virus a mutare e alla comparsa negli ultimi mesi di nuove varianti di Sars-Cov-2, gli studiosi ritengono che il “cambio di marcia” verso lignaggi con mutazioni segnalate come “di preoccupazione” sia dovuto al profilo immunologico della popolazione umana che è cambiato. “Il virus, verso la fine del 2020 è entrato sempre più in contatto con l’immunità sviluppata dall’ospite, dal momento che il numero di persone precedentemente contagiate ora è elevato – ha indicato Robertson – . Questo selezionerà varianti che possono sfuggire a parte della risposta dell’ospite. Insieme all’evasione dell’immunità nelle infezioni a lungo termine nei casi cronici, queste nuove pressioni selettive stanno aumentando il numero di importanti mutanti virali”.
Questo processo, osservano gli studiosi, sta allontanando Sars-Cov-2 dalla prima variante del gennaio 2020 che però è stata sfruttata per lo sviluppo degli attuali vaccini. “Questi vaccini continueranno a funzionare contro la maggior parte delle varianti circolanti, ma più tempo trascorrerà e maggiore sarà il differenziale tra il numero di persone vaccinate e non vaccinate, quindi sarà maggiore la possibilità che il virus sfugga al vaccino”. La prossima sfida, dopo lo sviluppo dei sieri è quindi quella “di far vaccinare la popolazione mondiale il più rapidamente possibile” per ridurre al massimo lo spazio di azione del patogeno che, in una condizione di immunità parziale, può continuare a diffondersi con la pressione selettiva verso varianti in grado di eludere l’efficacia della vaccinazione.