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Quanti tipi di coronavirus circolano in Italia?

Sono cinque le varianti di Sars-CoV-2 identificate dai ricercatori del Ceinge di Napoli: “Le più frequenti sono 20A e 20B ma per adesso nessuna è stata collegata a mutazioni della proteina Spike che il virus utilizza per infettare le cellule umane”.
A cura di Valeria Aiello
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Sono cinque le varianti genetiche del nuovo coronavirus Sars-Cov-2 che al momento circolano in Italia. Le hanno identificate i ricercatori del Ceinge di Napoli, il centro di biotecnologie avanzate dove è attiva la task force Covid-19 promossa dalla Regione Campania. “Sappiamo che queste cinque varianti sono presenti in tutta Italia ma adesso si tratta di capire quale sia la loro incidenza nelle regioni” – ha dichiarato il genetista Massimo Zollo, responsabile scientifico della task force del Ceinge e professore ordinario presso il Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell’Università Federico II di Napoli commentando i risultati dell’indagine condotta su oltre 200 genomi virali.

Cinque varianti di coronavirus in Italia

Le varianti, contrassegnate con le sigle 19A, 19B, 20A, 20B e 20C, sono state identificate grazie al confronto di 246 genomi di Sars-Cov-2 estratti dai campioni biologici di pazienti in varie località d’Italia anche se, per adesso, non ci sono prove per dire che si tratti di versioni meno aggressive del virus. Anzi. “Non solo il virus non è affatto meno aggressivo rispetto all’inizio dell’anno, bensì possiamo dire che grazie alle nuove varianti riesce a replicarsi in modo più efficace” spiegano i ricercatori i una nota.

Dalle analisi del Ceinge emerge che, dopo il lockdown, le varianti di Sars-Cov-2 più frequenti in Italia sono due, 20A e 20B. “Molte sequenze sono state finora prodotte in Lombardia ed è emerso che in Campania le varianti 20A e 20B sono presenti nella stessa quantità – ha aggiunto il professor Zollo – . Nel frattempo stanno arrivando dati anche da Abruzzo, Lazio e Puglia, ma per capire quanto le cinque varianti stiano circolando in tutta Italia c’è ancora molto lavoro da fare”.

D’altra parte, le informazioni riguardanti la loro diffusione sul territorio nazionale si stanno rivelando particolarmente utili per capire quale sia la loro prevalenza nelle diverse regioni italiane e comprendere “se ci sono realtà particolari a livello locale, oppure se è una tendenza che sta avvenendo in tutto Italia”. Del resto, quello della prevalenza di alcune varianti rispetto ad altre è un fenomeno che si sta registrando anche nel resto d’Europa, osservato in Paesi come la Spagna, la Germania e il Regno Unito, dove il virus sta circolando in maniera sostenuta e replicando milioni di volte. Di sicuro, ha osservato Zollo, “il virus SarsCoV2 è cattivo come lo era nel marzo scorso e le nuove varianti sembrerebbero renderlo ancora più aggressivo”.

Le mutazioni finora identificate sono distribuite lungo tutto il genoma virale, con una frequenza che dal punto di vista statistico può aumentare con il numero di contagi. Tuttavia, al momento, nessuna delle varianti identificate è stata collegata a mutazioni dei geni che codificano per la proteina Spike che il virus utilizza per legare il recettore ACE2 attraverso cui infetta le cellule umane. Per contro, tra le mutazioni finora osservate, ci sono quelle del gene Orf3A, che regola la risposta infiammatoria nelle cellule, e quelle dei geni Nsp2 e Nsp6 (proteine non strutturali del virus) in Orf1a: la prima favorisce il metabolismo cellulare con la funzionalità del virus nelle cellule mentre la seconda limita la funzione dell’autofagosoma (una componente del sistema lisosomiale che degrada molti tipi di molecole che entrano nelle cellule) e favorisce la formazione di vescicole che il virus utilizza per replicarsi. “Tutto questo non è però sufficiente per dire che il virus Sars-CoV-2 sia mutato – sottolinea Zollo – . Al momento vediamo differenze tra le sequenze del virus in 5 isotipi, ma per arrivare a delle conclusioni è indispensabile avere più sequenze. Non possiamo escludere che si tratti solo di varianti, magari frutto di importazioni da altri Paesi”.

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