Quante sono le possibilità che scoppi una nuova pandemia di Covid
Con l’emergere delle nuove varianti di Sars-Cov-2, buona parte dell’attenzione si è spostata sulla minaccia rappresentata dalle mutazioni che il virus sta accumulando man mano che si replica e trasmette tra le persone. C’è però anche un altro aspetto da non perdere di vista, rappresentato dalla cosiddetta ricombinazione genetica, un fenomeno che, nel caso di Sars-Cov-2, può manifestarsi quando due o più coronavirus co-infettano uno stesso ospite. Sars-Cov-2 (con tutte le sue varianti) è infatti solo un ceppo virale della specie Sars-related coronavirus, di cui fa parte anche Sars-Cov, il virus che causò l’epidemia di Sars tra il 2002 e 2003. A loro volta, questi due patogeni fanno parte del genere Betacoronavirus, uno dei quattro generi della più vasta famiglia Coronaviridae che comprende anche i generi Alphacoronavirus, Gammacoronavirus e Deltacoronavirus. Ogni genere ha dunque sottogruppo di specie e ceppi differenti, in grado di infettare un’ampia varietà di mammiferi ed uccelli. Di tutti i quattro generi, ad ogni modo, solo gli Alphacoronavirus e i Betacoronavirus contengono virus in grado di infettare gli esseri umani.
Qual è il rischio di una nuova pandemia di Covid
Sebbene questa classificazione lasci già intendere la dimensione del problema, ad aumentare la portata della questione c’è la già citata ricombinazione genetica, una circostanza comune tra i coronavirus che, scambiando parti del genoma, acquisiscono informazioni che possono conferire uno o più particolari vantaggi a una specie virale, aumentando ad esempio la capacità di infezione, offrendo la possibilità di sfuggire agli anticorpi e persino di infettare altre specie animali. La ricombinazione genetica può dunque dare vita a combinazioni virali sempre più potenti, portando alla nascita di virus completamente nuovi.
Tenere traccia degli eventi di ricombinazione omologa è un’impresa tutt’altro che semplice, come confermano le difficoltà che i ricercatori stanno trovando nel cercare di capire l’esatta origine di Sars-Cov-2, probabilmente nato a partire dai pipistrelli, considerati serbatoio naturale di diversi virus, e poi forse passato per un ospite intermedio, come un pangolino, sospettato di essere la specie animale che ha trasmesso un virus all’uomo. Un’ulteriore ricombinazione di Sars-Cov-2 con altri coronavirus “rappresenta la minaccia più immediata per la salute pubblica” avverte un gruppo di ricercatori dell’Università di Liverpool che in un lavoro pubblicato su Nature ha utilizzato un modello di apprendimento automatico per studiare quali mammiferi potrebbero ospitare più ceppi di coronavirus contemporaneamente e prevedere qual è la probabilità che in futuro emerga un virus in grado di scatenare una pandemia come quella che stiamo affrontando.
Il rischio è che la ricombinazione di Sars-Cov-2 con altri ceppi virali “possa dare origine a ulteriori nuovi virus sia con l’infettività di Sars-Cov-2 sia con patogenicità aggiuntiva o tropismo virale di altri Coronaviridae” indicano gli autori dello studio, i cui risultati suggeriscono che ci sono circa una dozzina di volte più associazioni coronavirus-ospite rispetto alle stime basate sulle sole osservazioni. Oltre a ciò, indicano nel loro lavoro, i potenziali ospiti di Sars-Cov-2 sono più di 30 volte quelli finora stimati e più di 40 volte il numero di specie inizialmente sospettate di poter ospitare più coronavirus contemporaneamente.
“Abbiamo identificato una vasta gamma di specie in cui può avvenire la ricombinazione omologa” precisano gli studiosi che hanno individuato ben 126 ospiti diversi di Sars-Cov-2, tra cui lo zibetto asiatico delle palme, il pipistrello ferro di cavallo, il pangolino e diverse altre specie non ancora associate alla ricombinazione, come il pipistrello giallo asiatico, il riccio comune, il coniglio europeo e il gatto domestico. Oltre a queste, anche lo scimpanzé, la scimmia verde africana e il maiale domestico possono rappresentare un rischio di futura ricombinazione. “Ognuno di questi ospiti SARS-CoV-2 è anche ospite di altri coronavirus in cui possono verificarsi eventi di ricombinazione che in futuro possono generare nuovi coronavirus derivati da SARS-CoV-2 – indicano gli studiosi che, sebbene non possano indicare se e quando emergerà un nuovo coronavirus, avvertono che, considerata l’attuale sottostima della potenziale gamma di ospiti in cui il virus potrebbe ricombinarsi – il monitoraggio continuo è essenziale per la sorveglianza del coronavirus” .