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Covid 19

Quali sono i sintomi gastrointestinali della Covid e cosa sappiamo sulla trasmissione fecale

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università della Scienza e della Tecnologia della Cina ha condotto un’approfondita analisi su studi dedicati all’impatto del coronavirus SARS-CoV-2 sull’apparato digerente. Ecco cosa sappiamo sui sintomi gastrointestinali e sul rischio di trasmissione orale-fecale del patogeno.
A cura di Andrea Centini
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Il coronavirus SARS-CoV-2 è un patogeno respiratorio, tuttavia è noto che l'infezione da esso provocata – chiamata COVID-19 – può colpire direttamente o indirettamente qualunque organo e tessuto del nostro organismo, ad esempio attraverso coaguli di sangue e un'anomala reazione infiammatoria. I sintomi più comuni dell'infezione sono tosse, febbre e difficoltà respiratorie, come indicato dalle principali autorità sanitarie, ciò nonostante un numero significativo di pazienti sviluppa anche condizioni gastrointestinali, in particolar modo diarrea. Ciò sarebbe dovuto al fatto che alcune cellule intestinali (enterociti) sono ricche di ACE-2, il recettore cui si aggancia la proteina S o Spike del coronavirus, processo che permette l'introduzione dell'RNA virale all'interno della cellula, l'avvio della replicazione e dunque dell'infezione. In molti pazienti, fra l'altro, viene rilevata la presenza dell'RNA virale nelle feci e nei tamponi anali, e ciò può giocare un ruolo nella trasmissione fecale-orale del patogeno, sebbene quella attraverso le goccioline respiratorie grandi (droplet) e piccole (aerosol) sia considerata la principale.

A indagare nel dettaglio sulle manifestazioni gastrointestinali e sul rischio di infezione fecale-orale è uno studio pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature Gastroenterology & Epatology. A condurlo un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università della Scienza e della Tecnologia della Cina, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Immunobiologia della Scuola di Medicina dell'Università di Yale. I ricercatori, coordinati dal professor Shu Zhu, docente presso il Dipartimento di Malattie Digestive dell'ateneo di Hefei, hanno effettuato un approfondito studio di revisione su diverse ricerche. Tra le prime citate vi è una meta-analisi condotta ad Hong Kong, nella quale è stato determinato che circa il 18 percento dei pazienti con COVID-19 manifestava sintomi gastrointestinali, mentre il 50 percento dei campioni fecali è risultato positivo all'RNA virale. Alla luce di questo e altri studi, il professor Shu Zhu e i colleghi ritengono sia fondamentale comprendere a fondo le caratteristiche dell'infezione gastrointestinale da coronavirus e il potenziale rischio di trasmissione fecale-orale.

Per quanto concerne i sintomi gastrointestinali, quelli più rilevati sono risultati essere diarrea, nausea, vomito, perdita dell'appetito e dolore addominale, ma in diversi studi – spiegano gli autori della ricerca -, sono stati diagnosticati anche costipazione, reflusso acido, ematochezia (feci con sangue rosso vivo), sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore e melena (feci nere, con sangue digerito). Secondo una meta-analisi su circa 11mila pazienti, i sintomi gastrointestinali più comuni erano diarrea (7,7 percento), nausea o vomito (7,8 percento) e dolore addominale (2,7 percento). Anche nei pazienti colpiti dalla SARS sono stati riscontrati sintomi intestinali, ma sono stati molto più frequenti nella MERS: circa il 30 percento dei pazienti gravi ha sperimentato problemi gastrointestinali, mentre il 15 percento aveva RNA virale nelle feci. Sia SARS che MERS sono causate da due coronavirus “cugini” del SARS-CoV-2, condividendo ampio tratto del patrimonio genetico (sono tutti e tre betacoronavirus).

Come indicato, questi sintomi sarebbero legati al fatto che l'ACE-2 (e il TMPRSS2), oltre che nelle cellule alveolari polmonari, nelle cellule dell'esofago, sono abbondanti anche negli enterociti dell'ileo e del colon. “In particolare, è stato riscontrato che gli enterociti assorbenti nell'intestino tenue esprimono i livelli più elevati di ACE2 nel corpo umano”, scrivono gli autori dello studio. L'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 determina anche cambiamenti nel microbiota fecale dei pazienti, con un aumento di patogeni opportunistici come il Clostridium hathewayi, l'Actinomyces viscosus, il Bacteroides nordii e lo Streptococco. A tale aumento corrisponde anche una diminuzione dei batteri commensali benefici, come quelli appartenenti alle famiglie Ruminococcaceae e Lachnospiraceae. Tale situazione è stata osservata in 15 pazienti in un piccolo studio pilota, spiegano Zhu e colleghi.

Per quanto concerne la trasmissione fecale-orale al momento non ci sono prove definitive. Cariche virali elevate sono state rilevate nei campioni fecali di pazienti con COVID-19 e diarrea, ma non è noto il numero di pazienti che rilascia RNA virale attraverso le feci. Dalle analisi dei campioni fecali è stato dimostrato che il virus sopravvive fino a 48 ore nelle feci, un tempo sufficiente per permettere la contaminazione delle acque reflue, dell'acqua potabile, di scorte alimentari e dei bagni. Particelle virali del SARS-CoV-2 sono state rilevate sui WC, sui pulsanti dello sciacquone e sulle maniglie delle porte dei bagni. Gli aerosol che si sprigionano dalle feci potrebbero contaminare i locali e dar vita a una trasmissione fecale-aerosol. Ma gli scienziati non sanno se le concentrazioni virali rilevabili siano sufficienti a determinare un'infezione, così come se “i titoli dei virus nei fomiti fecali siano di concentrazione e infettività sufficienti per la successiva trasmissione”.

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Zhu e colleghi hanno infine osservato che il SARS-CoV-2 riesce a tollerare bene il liquido dell'intestino tenue umano, tuttavia perde infettività molto rapidamente nel liquido gastrico entro una decina di minuti. Pertanto non è chiaro se il virus possa sopravvivere durante l'assunzione di cibo o se venga protetto dall'espettorato, “un meccanismo di bypass precedentemente segnalato per la MERS e l'influenza”. I dettagli della ricerca “Potential intestinal infection and faecal–oral transmission of SARS-CoV-2” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Gastroenterology & Epatology.

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