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Covid 19

Quali sono i sintomi del vaccino anti COVID dopo la seconda dose e perché possono essere più intensi

Col prosieguo della campagna vaccinale stanno aumentando le persone che stanno ricevendo la seconda dose di vaccino anti COVID, quella fondamentale per innescare l’immunità. La seconda iniezione sta dando vita a effetti collaterali più frequenti e intensi, ma si tratta di una risposta del tutto attesa dagli esperti. Ecco quali sono i sintomi e perché non dobbiamo preoccuparci.
A cura di Andrea Centini
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Come qualunque altro vaccino, anche i farmaci approvati contro il coronavirus SARS-CoV-2 determinano lievi effetti collaterali dopo le iniezioni, in particolar modo dopo la seconda. Ciò avviene perché se con la prima si induce la prima produzione di anticorpi contro il patogeno, e più nello specifico contro la proteina S o Spike del coronavirus, con la seconda esposizione all'antigene – il cosiddetto richiamola risposta immunitaria viene rafforzata. Gli effetti sono tendenzialmente più intensi nei giovani poiché hanno un sistema immunitario più pronto e attivo rispetto agli anziani, che può rispondere in modo più vigoroso alla seconda somministrazione. “La prima inoculazione è utile a sviluppare una immunità nel soggetto, il secondo inoculo serve a potenziare questa risposta di immunità”, ha spiegato al Messaggero il professor Massimo Andreoni, primario del Policlinico di Tor Vergata e direttore della Società italiana di Malattie infettive. Con la seconda iniezione si innesca inoltre la produzione delle cosiddette “cellule della memoria”, fondamentali poiché garantiscono la protezione dalla malattia per un tempo più o meno lungo, non ancora definito per i vaccini anti COVID già a disposizione in Italia, ovvero il BNT162b2 messo a punto da Pfizer-BioNTech e l'mrna1273 di Moderna-NIAID. Alla luce di queste premesse, non c'è dunque da stupirsi che durante la campagna vaccinale in corso si stiano verificando con maggiore frequenza casi di effetti collaterali più intensi dopo la seconda dose.

In un'intervista su Repubblica, la direttrice di Igiene del Gemelli di Roma Patrizia Laurenti ha affermato che “ad oggi sono oltre mille le persone che hanno concluso l'iter da noi, e di queste un centinaio hanno lamentato maggiori disturbi dopo la seconda iniezione. La frequenza è 1 su 10, a differenza della prima dose quando erano molto di meno, 1 su 100 circa”. Un dato in linea con quanto atteso dagli esperti: “Lo ha detto anche EMA, l'autorità regolatoria europea: in genere con la seconda dose ci sono più reazioni avverse”, ha specificato sempre su Repubblica la dottoressa Stefania Salmaso, biologa esperta di vaccini e membro dell'Associazione italiana di Epidemiologia, oltre che ex direttrice (tra il 2004 ed il 2015) del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

Ma quali sono i sintomi che stanno sperimentando le persone vaccinate con la seconda dose? Tra quelli segnalati dagli esperti figurano dolore al sito dell'iniezione; febbre fino a 39,5 – 40°; spossatezza; mal di testa; dolori articolari e muscolari; gonfiore; problemi gastrointestinali e altri di lieve entità. Fortunatamente, seppur particolarmente intensi in alcuni casi, questi sintomi sono transitori e non lasciano alcuna conseguenza. I sintomi più comuni, spiega Andreoni al Messaggero, sono la febbre e i dolori muscolari, che "durano in media non più di 24 ore" e che "con l'assunzione di paracetamolo (anche due grammi nell'arco di una giornata) tendono poi a scomparire". I sintomi, come spiegato dalla dottoressa Laurenti a Repubblica, si manifestato tra le 6 e le 24 ore dalla somministrazione del vaccino e “rientrano entro le 48 ore, a volte, ma non sempre, con farmaci antinfiammatori o paracetamolo”. La scienziata ha aggiunto che alle persone che hanno avuto una reazione severa dopo la prima dose non è stata data la seconda per ragioni di sicurezza, “ma sono appena tre casi su seimila”. Insomma, anche se potenzialmente intense, le reazioni al vaccino anti COVID sono in linea con quanto atteso, passeggere, senza alcuna conseguenza e soprattutto dimostrano che il nostro sistema immunitario sta rispondendo bene, dato che i malesseri sono associati proprio alla risposta del nostro organismo.

Secondo gli scienziati la maggiore reattogenicità dei vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna rispetto a un comune vaccino antinfluenzale sarebbe legata alle nanoparticelle lipidiche di polietilenglicole (PEG) che contengono l'informazione genetica della proteina Spike del coronavirus, utilizzata dal patogeno come un grimaldello biologico per scardinare la parete cellulare e introdurre l'RNA virale che avvia la replicazione e dunque l'infezione. Il polietilenglicole è un composto noto in grado di indurre anche indurre anche reazioni anafilattiche nei soggetti sensibili (ma molto raramente, come dimostrano i casi segnalati fino ad oggi durante la campagna vaccinale). Del resto una reazione anafilattica può emergere per la sensibilità a uno qualsiasi degli eccipienti presenti in qualunque farmaco o vaccino; qui trovate la lista degli “ingredienti” presenti nei flaconcini di Pfizer e Moderna. Ma come dimostrato dagli studi clinici e dalle approvazioni di EMA ed FDA, i vaccini approvati per l'uso di emergenza risultano sicuri ed efficaci.

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