Prima del Big Bang? Un altro universo identico: la teoria di Roger Penrose divide i cosmologi
Negli anni ’50 i cosmologi erano più felici di oggi. Dominava, all’epoca, una teoria sull’universo molto elegante e facile da capire: l’universo era eterno, non aveva avuto inizio né avrebbe avuto fine, e la sua espansione – osservata già decenni prima – sarebbe stata compensata dalla nascita spontanea di nuova materia dal nulla, al ritmo di appena un atomo di idrogeno per ogni metro quadro ogni miliardo di anni, sufficiente a far sì che la materia totale dell’universo rimanesse sempre uguale, senza diradarsi per effetto dell’accelerazione. Non ci sarebbe stato il bisogno di scomodare quello che Fred Hoyle aveva definito, sarcasticamente, un “Big Bang”, una grande esplosione da cui l’universo avrebbe avuto inizio. Né scervellarsi sul problema di cosa ci fosse stato prima del Big Bang e di come avrebbe avuto fine l’universo. Hoyle, insieme a Herman Bondi e Thomas Gold, fu il principale artefice di questa teoria cosmologica dello “stato stazionario”. Ma in quegli anni, all’università di Cambridge, dove Hoyle, Bondi e un altro eminente fisico teorico, Dennis Sciama, insegnavano e allo stesso tempo perfezionavano il modello dello stato stazionario, giunsero due nuovi allievi. Uno si chiamava Stephen Hawking, l’altro Roger Penrose.
Geni ribelli: la nuova cosmologia di Hawking e Penrose
Oggi, nel 2011, Hawking e Penrose hanno preso il posto che fu dei loro maestri, riscrivendo completamente la fisica e la cosmologia a cui essi erano legati. La teoria dello stato stazionario fu abbondata nella metà degli anni ’60 quando due radioastronomi, Arno Penzias e Robert Wilson, quasi per caso, s’imbatterono nella prova inconfutabile che l’universo aveva avuto davvero origine con un Big Bang: la radiazione cosmica di fondo a microonde da loro scoperta è in effetti l’eco termico di quel Big Bang da cui l’universo ha avuto inizio quasi 14 miliardi di anni fa. E i teorici dello stato stazionario, da buoni scienziati quali erano, ammisero di essersi sbagliati. Ma, da allora, i problemi sono diventati davvero difficili da risolvere. Cosa c’era prima del Big Bang? E come finirà l’universo? Queste due grandi domande che la teoria dello stato stazionario aveva chiuso in un cassetto non fanno dormire di notte i cosmologi. Ma ora, Sir Roger Penrose – diventato nel frattempo baronetto e professore emerito a Oxford – crede di aver trovato la soluzione, che suona molto simile a quella dei suoi vecchi maestri. L’universo non ha avuto un inizio e non avrà una fine. E noi viviamo solo in un capitolo di questa storia infinita.
Questa clamorosa teoria è stata presentata nel 2010 in Cycles of Time, pubblicato questo mese in Italia da Rizzoli con il titolo Dal Big Bang all’eternità (che parafrasa il celebre best-seller di Stephen Hawking Dal Big Bang ai buchi neri). Penrose la chiama CCC, “cosmologia ciclica conforme”, ed essenzialmente ricorda il principio filosofico dell’eterno ritorno dell’uguale. Prima del nostro eone – ossia della fase dell’universo in cui viviamo – ne esisteva uno uguale, e al termine ne nascerà uno identico. Questa teoria non è in contrasto con le osservazioni: parte dalla constatazione che il Big Bang abbia effettivamente avuto luogo e che l’universo si stia espandendo e probabilmente continuerà a farlo fino a che quasi tutta la materia sarà scomparsa. Ma qui viene il bello. Perché quel poco di materia rimasta sarà anche la stessa che, attraverso un nuovo Big Bang, darà vita a un nuovo eone, una nuova fase dell’universo ciclico ed eterno.
Il segreto è nell'entropia
Per capire come funziona la CCC è necessario capire cos’è l’entropia. È un concetto molto semplice: pensiamo, come fa Penrose, a un barattolo di vernice bianca. Versiamoci dentro un po’ di rosso e, dopo un po’, avremo un barattolo di vernice rosa. Siamo passati da un sistema ordinato – tutto bianco – a uno disordinato – una fusione tra bianco e rosso. Per rimettere ordine, separando di nuovo il bianco dal rosso, sarà necessario impiegare energia esterna. Potremmo pensare che, facendo uso di un’energia esterna, si possa sempre rimettere ordine in qualunque sistema caotico. Siamo sempre in grado di rimettere ordine in una stanza che, lasciata a se stessa, tende a diventare caotica – aumento dell’entropia – facendo uso della nostra forza lavoro, che richiede energia. Ma l’universo è un sistema chiuso che non ha nulla al di fuori di esso. Per mettere ordine nell’universo avremmo bisogno di energia dall’esterno, ma se l’esterno non esiste non c’è che una possibilità: che l’entropia aumenti sempre di più. Questo concetto è matematicamente stabilito dal Secondo principio della termodinamica, il quale, applicato all’universo, sostiene infatti che l’entropia aumenterà sempre più nel tempo.
Viceversa, le osservazioni della radiazione cosmica di fondo a microonde – l’eco del Big Bang, che per semplicità chiamiamo CMB (cosmic microwave background) – mostrano che l’uovo cosmico da cui tutto ha avuto inizio aveva una bassissima entropia. È esattamente come un uovo sull’orlo del tavolo: l’uovo, integro, è un sistema ordinato, a bassa entropia. Ma quando, cadendo dal tavolo, si rompe, quell’ordine viene meno, e l’entropia aumenta. Così è avvenuto al nostro universo: all’inizio la sua entropia per barione (le particelle-base della materia) era di 1.000.000.000, mentre oggi è già a 1.000.000.000.000.000.000.000, ed aumenterà nel tempo. Dunque, il destino dell’universo è quello di vedere il caos rappresentato dall’entropia aumentare sempre di più: le stelle moriranno, e tutto verrà lentamente, molto lentamente, inghiottito dai buchi neri, che aumentano di massa ogni qualvolta qualcosa ci cade dentro, e che pertanto finiranno prima o poi per inghiottire tutta la materia residua dell’universo.
L'entropia dei buchi neri
Una prospettiva desolante, che avverrà tra non meno di 100 miliardi di anni, ma che avverrà. Tuttavia, sembrerebbe esserci un paradosso. Nel 1974 Stephen Hawking dimostrò che i buchi neri non dovrebbero essere eterni, ma a causa di effetti quantistici il loro destino è quello di evaporare producendo una radiazione termica, detta perciò Radiazione di Hawking. Inizialmente, Hawking sostenne che la radiazione emessa dal buco nero durante la sua lenta evaporazione non producesse ma sottraesse entropia. I buchi neri sono degli enormi contenitori di entropia, essendo sistemi estremamente caotici costituiti da tutto ciò che hanno divorato nella loro vita. Tuttavia, se la teoria di Hawking era corretta, la radiazione da loro emessa non avrebbe permesso di ricostruire il grado di entropia del buco nero e di ciò che contiene al suo interno, di fatto portando a una perdita di entropia e quindi a una violazione della Seconda legge della termodinamica.
Nel 2004, Hawking ha cambiato idea sostenendo, a parer suo, che in realtà la radiazione termica conterebbe informazioni sul buco nero che la emette, salvando capra e cavoli. Penrose non era della stessa idea allora e non lo è oggi. Secondo la sua teoria, Hawking aveva ragione quando sosteneva che, una volta evaporato, il buco nero non lascia tracce di sé. E questo significa che l’enorme entropia accumulata dall’universo finirà per ridursi a un livello bassissimo quando tutti i buchi neri saranno evaporati.
Ebbene, la bassa entropia degli ultimi istanti dell’universo sarebbe allora la stessa di quella del Big Bang, cioè dello stadio iniziale dell’universo. Coincidenze? Non secondo Penrose. Le due estremità coinciderebbero: la fine dell’universo coincide con l’inizio di uno nuovo; o, per esprimersi nei termini di Penrose, alla fine di un eone ne nasce uno nuovo. Noi non vivremmo che in uno degli infiniti eoni che costituiscono un universo eterno. Non solo: ogni eone sarebbe identico al precedente e, per quanto Penrose non si spinga in queste elucubrazioni, nulla impedisce che ogni eone produca un giorno la vita intelligente, magari nella stessa forma che sperimentiamo oggi. La teoria della CCC non è solo un grande omaggio ai maestri dello stato stazionario, perché riesce a ipotizzare un universo ciclico ed eterno, senza inizio né fine, facendo a meno del problema di cosa c’era prima e di cosa ci sarà dopo. È anche una teoria che fa delle predizioni che possono essere provate. E Penrose ritiene di aver trovato una prova più che convincente.
La prova nella radiazione cosmica di fondo
Nel 2001 la NASA lanciò il satellite WMAP, che è riuscito a realizzare un’accurata mappa della radiazione cosmica di fondo e delle sue anisotropie, cioè le sue infinitesimali disomogeneità. In effetti, la CMB sembra essere estremamente isotropa, cioè omogenea, fatta eccezione per alcune piccole fluttuazioni che sarebbero del tutto casuali e che, secondo le teorie, avrebbero poi dato origine alle galassie e a ciò che contengono. Penrose è andato a osservare la mappa della CMB realizzata dal satellite WMAP e ha trovato, con sua stessa sorpresa, delle regolarità nella distribuzione delle anisotropie. In quella mappa, Penrose ha osservato che queste variazioni si distribuiscono lungo cerchi concentrici. Essi sarebbero, secondo la CCC, il prodotto di uno scontro tra buchi neri supermassicci, che nel collidere avrebbero provocato imponenti onde gravitazionali, i cui effetti si sarebbero “impressi” nella CMB. Esattamente come le onde prodotte da un sasso caduto in uno stagno. Considerando la posizione di questi cerchi concentrici nella mappa della CMB, Penrose e Vahe Gurzadyan dell’Università statale di Yerevan, in Armenia, hanno calcolato che questo grande scontro sarebbe avvenuto prima del Big Bang. Dunque, il nostro eone conserverebbe qualche “memoria” dell’eone precedente, dimostrando che c’era qualcosa prima del Big Bang. E quel qualcosa era, appunto, nientemeno che un universo (eone) identico al nostro. Quanto durerebbe ogni eone? Non meno del tempo necessario perché tutti i buchi neri evaporino: 10100 anni, cioè un 1 seguito da cento zeri!
I fisici e i cosmologi ci vanno cauti. È vero, affermano, quegli strani cerchi nella mappa della CMB ci sono, ma non è detto che siano spiegabili con la teoria di Penrose. Anche perché la CCC fa un’altra predizione, fondamentale per dimostrare la sua veridicità: e che cioè tutta la materia, ne lunghissimo periodo, finisce per decadere e perdere la propria massa. È vero che molte particelle sono prive di massa e molte altre possono decadere, perdendola. Ma non è stato dimostrato – e secondo i fisici è estremamente improbabile dimostrarlo – che particelle di massa infinitesimale ma pur sempre esistente, come gli elettroni, la perdano. Tuttavia, la cosmologia ciclica conforme è una teoria che, nella sua complessità, semplifica parecchio la vita. Ai cosmologi, certo, ma anche a noi comuni mortali, che non possiamo fare a meno di domandarci, come loro, da dove veniamo e dove stiamo andando.