Pregliasco: “Giusto usare i dati ospedalieri per decidere il colore delle Regioni”
Con il nuovo decreto che fissa la roadmap delle riaperture e allenta per poi superare il coprifuoco, cambiano anche i criteri che determinano le fasce di rischio delle Regioni. I parametri non saranno più ventuno ma una dozzina, e anche l’indice di trasmissione Rt (che finora è stato specchio dell’andamento dei nuovi casi sintomatici) avrà meno peso. A far scattare l’allerta saranno l’Rt ospedaliero, calcolato sulla base dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, e l’incidenza di casi su 100mila abitanti, in riferimento alla popolazione di un singolo territorio – con 250 si andrà in rosso, tra 150 e 250 in arancione, tra 50 e 150 in giallo e al di sotto dei 50 in bianco. Perché modificare i criteri? E quali sono i rischi di questo cambiamento? Ne abbiamo parlato con Fabrizio Pregliasco, virologo del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e membro del Comitato tecnico scientifico della Regione Lombardia.
Quali sono gli elementi hanno portato a questa evoluzione della strategia?
La progressione che stiamo adottando, e che a mio avviso riflette anche ciò che io stesso avevo avanzato, si basa su un’esigenza di una gradualità che tenga sempre conto della situazione di circolazione del virus. Abbiamo circa 330mila soggetti certificati positivi, e quindi ancora capaci di contagiare gli altri, e una campagna vaccinale che sta crescendo, ma non è ancora ai valori di altre nazioni, dove sono già state rese operative alcune disposizioni di libertà.
C’è sempre il rischio di un colpo di coda del virus, e la variante indiana ci preoccupa come in altri Stati, in particolare nel Regno Unito. Pertanto dobbiamo procedere con buon senso e sistematicità per fare in modo che ci sia una ripresa in sicurezza.
Perché si è deciso adesso di modificare i parametri?
Per tenere conto del contesto attuale. Quello che ora ci interessa di più è l’occupazione degli ospedali, che diventa un elemento di preoccupazione, perché sappiamo che la vaccinazione è molto efficace e i dati sul campo si stanno rivelando anche migliori dei risultati degli studi clinici.
Pertanto abbiamo modificato i parametri che prima erano stringenti, come l’Rt che finora si calcolava sui sintomatici e adesso sugli ospedalizzati, proprio perché immaginiamo che con le riaperture, anche se ci sarà un aumento del numero dei positivi, questi non dovrebbero incidere sull’incremento nei casi gravi. In questo modo monitoriamo quindi la presenza della malattia nella popolazione e possiamo dare giudizi di maggiore apertura, giustificati dal contesto e dall’inserimento della vaccinazione come elemento positivo.
E l’incidenza di nuovi casi? Perché non tenere conto del totale di casi attivi?
Perché immaginiamo che ci possa essere un incremento di casi, ma anche se si dovesse alzare un po’ questa quota nel prossimo futuro, quello che ci interessa monitorare è l’occupazione del SSN. Un certo rialzo credo che purtroppo lo dovremo anche scontare…
Ci sono però ancora 2 milioni di over 70 non vaccinati. Cambiare adesso non è un rischio?
È una scelta politica, molto difficile. Si sarebbe potuto aspettare anche di più, ma sappiamo quali sono i costi complessivi delle scelte, la fattibilità e la loro tenuta. Ormai anche un coprifuoco alle dieci di sera non ha un’applicabilità reale: o mettevamo l’esercito in giro per le strade o non si riusciva.
Parlando invece delle riaperture, c’è un settore che comporta più rischi degli altri?
Non è facile dirlo, perché non c’è un “manuale” dei luoghi precisi. Di sicuro, più movimento c’è, più il rischio aumenta, per cui anche attività come negozi e ristorazione sono un rischio per tutto il movimento che ne consegue.
Possiamo dire per esempio le attività della movida?
Sì, anche se la movida all’aperto probabilmente non è così pesante, sicuramente però incide.
Per quanto riguarda il calendario dell’abolizione del coprifuoco? Secondo lei va bene così?
Direi di sì, anche se forse sarei stato più prudente. Ma mi rendo conto della difficoltà della questione e della sua accettazione. E quindi giusto dare una progressione che renda possibile la reale adesione.
Siamo davvero al punto di svolta?
Secondo me dobbiamo stare un attimo ancora con il fiato sospeso, in attesa di valori di copertura vaccinale del 20% in più rispetto ad ora, come garanzia di poter vedere gli effetti concreti della vaccinazione.