Pregliasco: “Con Green pass classi più sicure, ma il nodo sono sempre i trasporti”
Anche per la scuola si va verso l’obbligo del Green pass. La certificazione verde che viene rilasciata a chi ha fatto almeno una dose di vaccino anti Covid, avuto un test antigenico rapido o molecolare negativo da non oltre 48 ore oppure ha superato l’infezione da non più di sei mesi, sarà necessaria (salvo colpi di scena) anche per i professori e il personale scolastico, ma non per gli studenti, andando ad affiancare i protocolli, il distanziamento e l’uso mascherine nel caso in cui gli spazi non permettano di separare i ragazzi. Basterà ad evitare il ritorno della didattica a distanza? Lo abbiamo chiesto al professor Fabrizio Pregliasco, virologo del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi del capoluogo lombardo che a Fanpage.it ha fatto il punto sull’opportunità rappresentata dall’introduzione della certificazione per combattere il virus e la variante Delta.
Allora professore, pensa che l’obbligo del Green pass per docenti e personale scolastico sia strategia sufficiente?
È chiaro che non abbiamo un manuale scientifico, oltre al principio generale secondo cui più vacciniamo meglio è. E in questi termini, il Green pass è uno strumento di convincimento, una sorta di modulazione politica legata a come si vuole affrontare questa strategia di sanità pubblica rispetto al vaccino, che sappiamo essere altamente efficace anche se non uno scudo al 100%. È certamente un elemento di sicurezza per quanto riguarda la continuità dell’attività per i docenti, oltre ad essere un elemento di protezione personale.
Ci sono altre misure che si potrebbero adottare?
Sicuramente. Io, in particolare, temo il nodo dei trasporti, che sono l’elemento di maggiore affollamento, perché in classe, bene o male, è chiaro che esiste una responsabilità condivisa nel mantenere il più possibile uno standard di comportamento in sicurezza.
Quindi, per la questione mezzi pubblici, cosa si potrebbe fare?
Il problema non è solo strategico ma anche sindacale. Quello di scaglionare gli ingressi, per evitare di essere tutti sincronizzati agli stessi orari, richiederebbe ad esempio migliaia di pullman in mezz’ora per poi non averne più bisogno per molte ore. Un qualcosa che andrebbe valutato in un’ottica di organizzazione complessiva, in particolare nelle grandi città.
Quali sono davvero i rischi del ritorno in classe a settembre?
Ritengo che dopo l’ondata di infezioni che stiamo registrando, e che potrebbe andare ad esaurirsi in questa fase, non è detto che non ci sia un’ulteriore ondulazione, facilitata dal numero dei contatti e dal fatto che rimaniamo in luoghi chiusi più a lungo. Ma avremo anche la dimostrazione sul campo dell’efficacia dei vaccini in termini di prevenzione dell’infezione, che rimane dell’88%, ma che più la si moltiplica con l’aumento della platea dei vaccinati, tanto più riduce le possibilità di diffusione. Riguardo alla scuola, importa soprattutto questo, sebbene quello che funziona meglio dei vaccini è la protezione dei casi gravi di Covid.
Parlando in termini percentuali, quale sarebbe la soglia di studenti vaccinati che ci terrebbe al sicuro?
Sarebbe ottimane se più dell’80% dei ragazzi fosse vaccinato: quanto più ci si avvicina all’immunità di gregge, non necessariamente in tutta la popolazione, ma anche in contesti più circoscritti, come una scuola o una classe, tanto più si ridurrà la circolazione virale e quindi il rischio di trasmissione.
Come ci si comporterà in caso di positività in classe? Anche i vaccinati dovranno fare la quarantena?
Bisognerà vedere cosa verrà deciso ma, se ci sarà una buona copertura vaccinale, ritengo che si potrebbe anche “correre” il rischio di non prevedere la quarantena per contatti stretti che sono vaccinati: anche se sappiamo che qualche vaccinato potrebbe comunque infettarsi, in questi scenari la probabilità di trasmettere il virus diventa sempre più bassa.