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Perché l’alto numero di morti per Covid è legato agli attualmente positivi e non all’indice Rt

Oltre all’indice di trasmissibilità e all’incidenza settimanale recentemente introdotta, per stabilire le chiusure delle varie regioni si dovrebbe tenere conto anche degli attualmente positivi: “All’estero lo fanno e i decessi sono meno”.
A cura di Valeria Aiello
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L’alto numero di morti per Covid-19 è strettamente legato al numero di attualmente positivi ma, tra i criteri adottati per decidere chiusure o riaperture delle varie regioni, l’Italia non tiene conto degli infetti attivi.

Come l'Italia decide sulle chiusure

Per stabilire le diverse misure restrittive, nel nostro Paese ci si basa su altri parametri, in particolare sull’Rt, ovvero l’indice che ci dice quante persone possono essere contagiate in media da un solo positivo in relazione alle restrizioni, dunque su un valore di contagiosità legato all’efficacia delle norme applicate, come lockdown o l’attuale sistema a colori. E che, come spiegavamo anche qui, non prende in considerazione gli asintomatici che costituiscono una grande fetta dei positivi.

Inoltre, recentemente è stato introdotto anche un nuovo parametro per la chiusura, chiamato incidenza media settimanale, cioè il numero di nuovi infetti per 100mila abitanti sommato su sette giorni. Attualmente, la soglia per far scattare la zona rossa è di 250 nuovi positivi per settimana ogni 100mila abitanti, un limite che, avvertono alcuni esperti, andrebbe rivisto.

Sicuramente dovrebbe essere inferiore – ha spiegato al Corriere della Sera il fisico Roberto Battiston, professore ordinario dell’Università di Trento e presidente dell’Agenzia spaziale italiana dal 2014 al 2018 – . Dovremo renderci conto che a 250 la situazione diventa esplosiva”. Ad ogni modo, ritiene Battiston, che da studioso ha analizzato fin dall’inizio i numeri della pandemia, neanche le misure adottate in base al calcolo dell’incidenza in aggiunta all’Rt sono sufficienti a contenere contagi e decessi. In sintesi, sono “parametri non esaustivi” per definire chiusure o riaperture.

L'importanza degli attualmente positivi

Il primo parametro che andrebbe invece tenuto in considerazione dovrebbe essere quello degli attualmente positivi, che al momento in Italia è di circa 540mila, un valore molto alto e non dissimile a quello registrato durante il Natale. “Esattamente, in termini scientifici si definisce prevalenza” evidenzia Battiston, indicando che in Europa, le decisioni prese da altri Paesi come la Francia, la Germania e la Spagna, si basano su questo valore. “Ecco perché sono più severi nelle chiusure rispetto al nostro Paese”. Ed ecco perché contano meno morti. “Sì. Questo numero dovrebbe essere tenuto in considerazione insieme all’Rt, perché è da questo che si generano nuovi morti”.

Pertanto, la prevalenza – dunque rapporto tra il numero totale di casi attivi e la popolazione suscettibile all’infezione in un momento definito – dovrebbe essere “il primo passo” nello stabilire o meno un’eventuale chiusura, ovvero il primo parametro epidemiologico per comprendere il reale impatto di Covid-19. “Il secondo sarebbe il numero dei nuovi infetti (incidenza, ndr) che, a sua volta, fa scaturire il terzo passo, ovvero il numero dei morti”.

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