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Covid 19

Perché la terza dose potrebbe essere un mix di vaccini

Già in fase di sperimentazione la somministrazione di una terza dose dell’anti-Covid di Pfizer insieme a un nuovo vaccino contro lo pneumococco. Anche Moderna pensa a una terza dose del siero a mRna in combinazione con l’antinfluenzale.
A cura di Valeria Aiello
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Il richiamo anti-Covid potrebbe essere un mix di più vaccini. Forse già in autunno, quando la terza dose dovrebbe essere somministrata nei Paesi dove la campagna vaccinale è entrata nel pieno all’inizio dell’anno e che, nel caso del siero di Pfizer, potrebbe comprendere la co-iniezione di un’unica dose contro il coronavirus e di un nuovo anti-pneumococcico, per cui la sperimentazione di fase 3 è partita questa settimana. Anche la società di biotecnologie Moderna pensa a un unico vaccino che proteggerà da Covid-19 e dall’influenza stagionale, in attesa dei risultati dello studio sulla dose anti-varianti che, tra le opzioni attualmente in sperimentazione, include un mix basato sulla versione corrente del vaccino e sulla variante sudafricana (B.1.351).

Perché somministrare più vaccini in un’unica dose?

In considerazione della potenziale necessità di un richiamo del vaccino anti-Covid, si sta dunque valutando la co-somministrazione di più vaccini che, in caso di successo e autorizzazione delle agenzie regolatorie, permetteranno alle persone di ricevere con un’unica dose la protezione offerta da due (o più) iniezioni contro più patogeni. Nel caso della sperimentazione di Pfizer, ad esempio, il candidato vaccino anti-pneumococcico in mix con il siero anti-Covid è coniugato con un 20-valente (20vPnC), un siero sviluppato per difendere l’organismo da venti tipi di pneumococco che possono causare le forme più gravi di polmonite.

Il mix di vaccini, o meglio la somministrazione simultanea di più vaccini combinati non è certo una novità (un esempio classico è quello dell’esavalente, uno dei vaccini obbligatori destinati ai bambini, e capace di conferire immunità nei confronti di sei malattie infettive – difterite, tetano, pertosse, poliomielite, infezione Haemophilus influenzae di tipo B ed epatite B). I vaccini, in generale, possono anche essere somministrati nello stesso momento con due (o più) iniezioni diverse (come avviene sempre per l’esavalente, somministrato in concomitanza con quello contro lo pneumococco) in una pratica ormai consolidata che non modifica l’efficacia dei singoli vaccini e che, anzi, potenzia la risposta del sistema immunitario.

La letteratura scientifica ha chiaramente dimostrato che molte vaccinazioni possono essere effettuate insieme, senza alcun problema, indicando che possono funzionare meglio perché attivano maggiormente il sistema immunitario. Nel caso dei vaccini anti-Covid in co-somministrazione con altri sieri, gli studi sono ancora in corso ma, per quanto riguarda la risposta sierologica, per gli anticorpi e la memoria immunitaria, si dovrebbero ottenere gli stessi benefici osservati con gli altri mix di vaccini. Con il vantaggio (in considerazione anche dello sforzo delle campagne di immunizzazione di massa) di ampliare la protezione della popolazione nei confronti di altri patogeni, ridurre il carico di malattia per il sistema sanitario, oltre al numero iniezioni a persona e, di conseguenza, il disagio di ulteriori prenotazioni e appuntamenti.

I dati scientifici sulle combinazioni di vaccini già approvati e l’esperienza acquisita in Italia e in altri Paesi evidenziano dunque che più vaccini somministrati insieme hanno più vantaggi che svantaggi, così come è documentata la non pericolosità della co-somministrazione. Tornando all’esavalente, non sono stati riscontrati problemi relativi a sicurezza e tollerabilità: gli effetti collaterali che possono manifestarsi sono lievi, come la comparsa di qualche linea di febbre nelle ore successive all’iniezione oppure dolore nella zona della puntura, e certamente non paragonabili ai benefici del vaccino.

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