Perché il vaccino Covid di Astrazenca non è consigliato per i soggetti estremamente fragili
Con la circolare del Ministero della Salute che autorizza l’uso del vaccino anti-Covid di Astrazeneca nei soggetti di età superiore ai 65 anni, anche l’Italia si esprime sull’immunizzazione con il siero sviluppato dal Jenner Institute di Oxford, dando parere favorevole alla somministrazione del preparato anche per gli over sessantacinque. Il via libera si basa sulla disponibilità di nuovi dati della cosiddetta real world experience, cioè sull’evidenza basata sull’esperienza sul campo, arrivati da due nuovi studi, il primo condotto in Inghilterra e il secondo sulle inoculazioni in Scozia, a sostegno della somministrazione anche in questa fascia di età. Una possibilità già decisa anche in Germania, Belgio e Francia, che tra l’altro fa seguito al parere favorevole alla somministrazione del richiamo dopo la prima e non oltre la dodicesima settimana dalla dose iniziale, con lo scopo di raggiungere un livello di protezione superiore al 70%.
La decisione di ampliare agli over 65 l’utilizzo del vaccino di Astrazeneca si basa dunque su “ulteriori evidenze scientifiche che si sono rese disponibili” che “non solo confermano il profilo di sicurezza favorevole ma indicano che, anche nei soggetti di età superiore ai 65 anni, la somministrazione del vaccino di Astraeneca è in grado di indurre significativa protezione sia dallo sviluppo di patologia indotta da Sars-Cov-2, sia dalle forme gravi o addirittura fatali di Covid” si legge nella circolare del Ministero.
L’indicazione, in considerazione del più alto rischio di sviluppare forme gravi di Covid cui sono esposti i soggetti più vulnerabili, comprende solo le persone in buona salute, come già suggerito anche per gli under 65. Pertanto, il parere favorevole affinché il vaccino di Astrazeneca possa essere somministrato anche agli over 65 “non è da intendersi applicabile ai soggetti identificati come estremamente vulnerabili in ragione delle condizioni di immunodeficienze, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici o per patologia concomitante che aumenti considerevolmente il rischio di sviluppare forme fatali di Covid-19 – puntualizza la circolare – . In questi soggetti si conferma l’indicazione a un uso preferenziale dei vaccini a Rna messaggero”.
In altre parole, pur indicando l’uso del vaccino di Astrazeneca dai 18 anni in poi, fanno eccezione i soggetti estremamente vulnerabili, cioè con quella connotazione di gravità definita dall’allegato 3 della nota protocollo n. 0005079 del 09/02/2021 della DGPRE, la Direzione generale della prevenzione sanitaria, ovvero “le persone affette da condizioni che per danno d’organo pre-esistente, o che in ragione di una compromissione della risposta immunitaria a Sars-Cov-2, hanno un rischio particolarmente alto di sviluppare forme gravi o letali di Covid-19”. L’elenco delle patologie comprende diverse malattie respiratorie, cardiocircolatorie, condizioni neurologiche e disabilità, diabete e altre endocrinopatie severe, fibrosi cistica, malattia epatica e patologie cerebrovascolari, patologie onco-ematologiche e emoglobinopatie, sindrome di Down, obesità grave (BMI superiore a 35) e le persone che hanno ricevuto trapianto di organo e di cellule staminali emopoietiche, in lista di attesa o sottoposte a trapianto dopo tre mesi dall’intervento ed entro un anno dalla procedura.
Per le persone “estremamente vulnerabili” è dunque raccomandato preferenzialmente l’utilizzo dei vaccini a mRna di Pfizer e Moderna, per i quali è dimostrata una protezione del 94-95% dalle forme sintomatiche di Covid-19, dunque una copertura maggiore rispetto al vaccino a Dna di Astrazeneca che, sebbene efficace e sicuro, non ha raggiunto queste importanti percentuali. Essendo questi soggetti a maggior rischio di prognosi peggiori ed esiti infausti, si è quindi scelto di offrire loro la migliore protezione, tenendo conto della finalità stessa della campagna vaccinale che in questa fase punta a ridurre ricoveri e decessi per Covid.