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Perché gli scienziati stanno trapiantando mini-cervelli umani nei roditori

Gli scienziati stanno inserendo dei mini-cervelli umani nei topi e nei ratti per conoscere meglio come ‘funzioniamo’: quali sono però i rischi etici?
A cura di Zeina Ayache
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I ricercatori stanno sempre più sperimentando gli effetti degli organoidi cerebrali (detti mini-cervelli) sui roditori e tutto ciò non può che sollevare dubbi etici, ma perché? Andiamo per punti. In queste ore su STAT si legge che, in occasione del prossimo meeting annuale della Society for Neuroscience, che si terrà a Washinton D.C., verrano presentati diversi studi che vedono protagonisti gli organoidi cerebrali e il loro effetto sui roditori nei quali sono stati impiantati.

Cellule staminali e organoidi. Quando parliamo di organoide ci riferiamo alla versione ‘miniuaturizzata' di un qualsiasi organo realizzata attraverso la coltura di cellule staminali: il risultato che si ottiene è un mini-organo che però non ha tutte le caratteristiche del vero e proprio organo a cui si ‘ispirano'. Questo significa che quando parliamo di organoide cerebrali ci riferiamo a mini-cervelli che però non si comportano come dei veri e proprio cervelli completamente sviluppati e funzionanti, ma che ne riproducono alcune caratteristiche.

Roditori e mini-cervelli. Tra i vari esperimenti realizzati dagli scienziati, sui quali ancora bisognerà fare completa chiarezza, ce n'è uno in cui un organoide è stato inserito nel cervello di un ratto e connesso ai suoi vari sanguigni: in questo caso è stato possibile osservare la crescita di connessioni vere e proprie tra questi cervelli. L'organoide inoltre è sopravvissuto fino a due mesi ed è stato in grado non solo di trasferire sangue, ma anche segnali nervosi. “Stiamo entrando in un terreno completamente nuovo”, ha affermato Christof Koch, presidente dell'Allen Institute for Brain Science di Seattle che ha eseguito l'esperimento.

Perché questi esperimenti. Sperimentare utilizzando organoidi cerebrali ci permette di comprendere meglio il funzionamento di malattie legate al cervello, come ad esempio l'Alzheimer.

Perché c'è chi si preoccupa. Se ad oggi questi mini-cervelli difficilmente potranno svilupparsi al punto da raggiungere la loro grandezza ‘naturale', è anche vero che non sappiamo realmente cosa aspettarci dal futuro: l'idea di ibridi animali con caratteristiche o coscienza umane può sembrare fantascienza, ma non è comunque impossibile per questo è necessario sin da oggi intervenire per poter effettuare le scelte migliori possibili considerando le necessità scientifiche e le questioni etiche. Come si chiede Hank Greely della Standford University: oggi riusciamo a connettere tre o quattro organoidi, “ma cosa succederebbe se ne venissero connessi 1.000? Significherebbe avvicinarsi al numero di cellule che ci sono nel cervello di un topo” e quindi alla possibilità di andare incontro a capacità cognitive ed emozionali più sviluppate.

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