Perché fare la seconda dose con Astrazeneca non aumenta i rischi
Per gli under 60 che hanno ricevuto la prima dose di Astrazeneca e non vogliono cambiare vaccino per il richiamo, accettando il mix eterologo con Pfizer o Moderna, si apre la possibilità di completare il ciclo vaccinale con il preparato anglo-svedese. La libertà di scelta passa dal parere medico favorevole, come annunciato dal presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa con il ministro della Salute Roberto Speranza e il generale Francesco Figliuolo, andando a risolvere l’impasse che rischiava di inficiare il percorso verso l’immunità. Si potrà quindi decidere di ricevere il richiamo omologo con Astrazeneca, una possibilità che riguarda circa un milione di under 60 che hanno già ricevuto la prima dose e avrà inoltre il vantaggio di smaltire almeno una parte dei vaccini rimasti nei frigoriferi.
Ok a seconda dose con Astrazeneca per gli under 60
A generare il ripensamento di parte dei vaccinati, erano stati i dubbi sugli studi citati a supporto del mix vaccinale, i cui dati preliminari (e su poche centinaia di persone) hanno indicato un aumento della risposta immunitaria a fronte di qualche effetto collaterale in più rispetto alla somministrazione di due dosi dello stesso vaccino. D’altra parte, i dati sugli studi registrativi sull’uso di due dosi omologhe nonché gli studi successivi, che hanno invece incluso un elevato numero di partecipanti, indicano che i già rari casi di trombosi associata a carenza di piastrine dopo la prima dose di Astrazeneca, sono ancora più esigui dopo la seconda.
In termini numerici, sulla base dei tassi di segnalazione contenuti nel quinto rapporto di farmacovigilanza dei vaccini Covid-19 pubblicato dall’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA) che riguarda le segnalazioni di sospette reazioni avverse registrate nel nostro Paese tra il 27 dicembre 2020 e il 26 maggio 2021, il rischio di trombosi venose intracraniche e in sede atipiche in soggetti vaccinati con Astrazeneca “è in linea con quanto osservato a livello europeo (1 caso ogni 100mila dose somministrate e nessun caso dopo la seconda), prevalentemente in persone con meno di 60 anni”.
Anche secondo i dati dell’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari (MHRA) del Regno Unito, la maggior parte dei casi di tromboembolia post-vaccinazione si è verifica dopo la prima dose, con un rischio di sviluppare coaguli di sangue stimato in circa 1 caso ogni 100.000 prime dosi nella fascia di età 40-49 anni e ridotto di un decimo dopo la somministrazione della seconda dose (1,3 casi su 1 milione di richiami).
In generale, la maggior parte degli eventi avversi successivi alla vaccinazione con Astrazeneca segnalati in Italia è relativa a effetti collaterali locali e sistemici (39%), con reazioni più frequentemente registrate che sono febbre, stanchezza/astenia, brividi e dolore in sede di iniezione. “Circa l’87% di questi eventi è riportato come non grave e il 12% come grave, nella maggior parte dei casi con esito in risoluzione completa o miglioramento” precisa l’Agenzia italiana. Seguono, in ordine di frequenza, le patologie del sistema nervoso, che rappresentano il 38% circa di tutti gli eventi segnalati, prevalentemente costituiti da cefalea e capogiro, risultando non gravi nell’81% delle segnalazioni e gravi nel 18% circa dei casi, e le patologie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo (16% circa di tutti gli eventi segnalati), soprattutto mialgie, artralgie e rigidità.
Come tutti i farmaci, anche i vaccini anti-Covid possono causare effetti indesiderati, per lo meno in una certa percentuale di persone ma, nel complesso, il profilo di tollerabilità di Astrazeneca indica che il “bilancio rischi-benefici resta positivo” ha ribadito l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), assicurando che il vaccino anglo-svedese resta indicato per tutti e precisando che, in considerazione della diffusione delle varianti, è auspicabile che l’intervallo di tempo tra le due dosi venga accorciato.
Cautela, invece, sull’approccio del mix vaccinale fra prima e seconda dose che “in passato è stato adottato con successo, ed è ben noto che abbia come esito una migliore risposta immunitaria”. Ma riguardo i vaccini Covid “abbiano ancora evidenze limitate, anche se alcuni studi hanno mostrato che la risposta immunitaria sembra soddisfacente e non stiano emergendo particolari problemi”. Secondo l’Ema la vaccinazione eterologa “potrebbe essere una strategia ma è importante raccogliere più informazioni e monitorarla attentamente”.